Archeologia industriale: conoscerla per valorizzarla

La Guida al patrimonio archeologico-industriale nel padovano di Lino Scalco (ed. Antilia, 2011, 308 pag., 110 foto), oltre a tratteggiare una storia delle diverse fasi dello sviluppo industriale di Padova dalla metà dell’Ottocento sino agli anni Settanta, contiene 109 schede di catalogazione di luoghi di lavoro, suddivisi per aree tematiche, che raccontano la storia di oltre 350 imprese. Un’opera che – come scrive l’autore – si pone l’obiettivo di “sensibilizzare le amministrazioni locali, gli ordini professionali, le categorie economiche e i cittadini affinché venga evitato l’abbandono sconsiderato di questi siti, conservando ciò che veramente merita di essere salvaguardato”.

Questo testo, ricco di preziosissime informazioni, non può che farci riflettere sul ritardo culturale che caratterizza la gestione del territorio e del patrimonio storico nella nostra Regione. Innumerevoli singoli edifici di alto valore e di pregio architettonico sono stati demoliti o abbandonati al degrado. Interi insediamenti industriali sono stati completamente cancellati dal diluvio edificatorio degli ultimi decenni, senza lasciare traccia (a Padova tutta l’area compresa tra il Piovego e la ferrovia). Salvo casi rarissimi nessuna norma di salvaguardia è stata prevista negli strumenti della pianificazione urbanistica e territoriale.

Nel PTRC della Regione Veneto del 2009 si accenna all’importanza dei luoghi dell’archeologia industriale quali “sistemi culturali territoriali da tutelare”, ma poi nell’elenco dei beni architettonici del Novecento allegato li si dimentica quasi completamente (uniche eccezioni nella provincia di Padova lo stabilimento Itala Pilsen in zona industriale e la Torrefazione Vescovi). Un elenco che la Regione afferma essere provvisorio ed implementabile con segnalazioni di enti locali e cittadini…che, come associazioni culturali e ambientaliste, dobbiamo quanto prima trasmettere alla Regione avvalendoci dell’ampia documentazione contenuta nelle schede predisposte da Lino Scalco.

Ma è ancor più grave il fatto che nell’Atlante degli ambiti paesaggistici, parte integrante del PTRC, e nei documenti sin qui elaborati per il Piano Paesaggistico regionale (che avrebbe dovuto precedere l’elaborazione del PTRC) di archeologia industriale non si faccia cenno. Eppure il valore ed il fascino dell’archeologia industriale, al di là della stessa qualità architettonica dei manufatti, risiede nelle stretto legame un tempo esistente tra stabilimenti produttivi, ambiente e territorio. Oggi la localizzazione di una attività industriale è svincolata dalle caratteristiche del territorio. Negli insediamenti del passato invece era preponderante la disponibilità e vicinanza di risorse materiali ed energetiche. Basti pensare all’importanza dei corsi d’acqua e dei salti idraulici (il caso più emblematico è quello del rapporto a Battaglia Terme tra la conca idraulica, le Officine Meccaniche Galileo e la Società Veneta di Macinazione), delle reti di trasporto fluviali e ferroviarie, delle attività agricole connesse (Zuccherifici di Pontelongo, Montagnana ed Este, Molini di macinazione, Filande, Pastifici), delle caratteristiche delle rocce e dei terreni (cave di argilla e calcare, fornaci). Filiere produttive e trame insediative che sono divenute elementi costitutivi del paesaggio storico, arrivando a configurare in alcuni casi (si pensi a Piazzola sul Brenta) originali modelli di organizzazione sociale e territoriale connessi alla memoria storica ed alla identità dei luoghi.

La Convenzione Europea del Paesaggio sottolinea la centralità – nella costruzione dei piani paesaggistici – dell’aspetto percettivo da parte delle popolazioni residenti: le aspirazioni degli abitanti ne possono consentire la riqualificazione, la salvaguardia e la valorizzazione. Ma la costruzione di una visione condivisa e di un progetto partecipato di salvaguardia e trasformazione passano attraverso la conoscenza della storia del bene da salvaguardare, l’individuazione dei suoi aspetti più significativi e delle connessioni tra aspetti fisici e processi sociali, economici ed ambientali. L’elaborazione di un piano paesaggistico oggi è anche un processo sociale, un processo di sensibilizzazione ed approfondimento culturale che deve vedere la partecipazione diretta di cittadini ed associazioni: un processo a cui il saggio di Lino Scalco offre un significativo contributo.

Sergio Lironi, Presidente Onorario Legambiente Padova