“E’ semplicemente inconcepibile la posizione espressa oggi da Paolo Cadrobbi, al convegno realizzato da ARPAV a Padova ”Polveri Sottili: Aspetti Ambientali e Sanitari”. Il direttore generale dell’Arpav ha messo in dubbio quindici anni di studi scientifici, nazionali ed internazionali, che dimostrano la pericolosità dell’inquinamento atmosferico per sostenere la tesi contraria. Non è la prima volta che lo sentiamo fare affermazioni simili, ma oggi ha passato ogni limite. Ad affermarlo è Lucio Passi della Segreteria Regionale di Legambiente Veneto. Più che uno sforzo di comprensione del fenomeno la sua è apparsa una presa di posizione politica ideologica, tutta tesa a dimostrare che il Pm10 non rappresenta un problema sanitario, e che anzi, come la mafia, non esiste. Mi domando come possa continuare credibilmente ad essere il Direttore dell’ARPAV regionale”.
“Cadrobbi ed altri relatori– commenta Rina Guadagnini del Comitato scientifico nazionale di Legambiente – hanno cercato certezze univoche laddove bisogna considerare una forte variabilità di fattori. Non è possibile paragonare un dato di causa effetto quale quello di patologie legate ad un unico agente con un dato di causa effetto di patologie dovute a fattori variabili. Come è opinabile il fatto che si mettano sullo stesso piano i decessi dovuti a tutte le cause possibili e immaginabili, senza distinguere tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo che portano con sè problematiche e condizioni di vita totalmente diverse. Al contrario, numerosisissimi studi epidemiologici attestano la correlazione tra malattie, mortalità e inquinamento atmosferico. A cominciare dal recente “MISA 2” ricordato dal Dottor Lorenzo Simonato, tra i pochi che al convegno dell’ARPAV ha riportato il problema all’interno di una corretta visione epidemiologica”.
Di inquinamento ci si ammala. E si muore. Questo, in estrema sintesi, è il risultato del MISA-2, un grande studio pianificato di metanalisi sugli effetti a breve termine degli inquinanti atmosferici (CO, NO2, SO2, PM10 e Ozono) rilevati nel periodo 1996-2002 in 15 città italiane (9 milioni di abitanti). Lo studio italiano MISA-2, si affianca ad altri studi europei e statunitensi dei quali condivide la metodologia pervenendo a risultati comparabili. I risultati dello studio smentiscono, ancora una volta, che l’effetto negativo dell’inquinamento atmosferico si limiti all’anticipazione di pochi giorni del decesso di soggetti già fortemente compromessi.
MISA-2 mostra un eccesso di morti statisticamente significativo che va ben al di là della semplice anticipazione di decessi che si sarebbero verificati comunque. L’aumento di mortalità cardiovascolare si manifesta entro i 4 giorni successivi al picco di inquinamento e, come era prevedibile, l’impatto più forte riguarda la mortalità per cause respiratorie. Dallo studio si ricava che, se in Italia il limite previsto per il Pm10 e l’N02 fosse già rispettato, si sarebbero potuti risparmiare rispettivamente 900 e 1400 decessi correlati. Sono conclusioni analoghe a quelle raggiunte dall’aggiornamento dello studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità reso noto a metà aprile, che stima che nei centri urbani europei, a causa del Pm10 si arrivino a perdere anche 9 mesi di vita, o a quello presentato il 7 ottobre scorso al V concesso nazionale dell’Unione italiana per la pneumologia (Uip) secondo i quali l’inquinamento da polveri sottili e’ responsabile di circa 100 mila morti l’anno e di 725 mila anni di vita persi nella sola Europa. L’indagine Apheis (Air pollution and health: a european information system) ha dimostrato che basta ridurre i livelli di Pm10 nell’aria di soli 5 microgrammi a metro cubo, per risparmiare centinaia di vittime all’anno.
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