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Ancora una volta una Conferenza delle parti sui mutamenti climatici vissuta pericolosamente, sempre sull’orlo di un dirupo che avrebbe visto scomparire l’unico strumento multilaterale in campo, l’occasione cioe’ di mettere intorno allo stesso tavolo tutti i paesi e governi del Mondo (ben 194 Paesi, Vaticano compreso) con un meccanismo di discussione stabilito dalle regole delle Nazioni Unite, che permettono al più piccolo e povero degli Stati di pesare (almeno nelle sedi formali) quanto gli Usa, la Cina o l’Unione Europea. […]
Dopo lunghi e difficili negoziati si é riusciti ad evitare il fallimento e rinnovare il Protocollo di Kyoto come regime di transizione verso un nuovo accordo globale che dovrà coinvolgere anche le maggiori economie del pianeta superando l’attuale contrapposizione tra paesi industrializzati e in via di sviluppo. […]
La "Piattaforma di Durban" partorita ieri mattina prevede la sottoscrizione di un nuovo accordo globale entro il 2015 e la sua applicazione a partire dal 2020, e si e’ riusciti ad ottenerla grazie ad un intenso lavoro del cosiddetto "green groups" (gran parte dei Paesi tranne BRIC – Brasile, Russia, India, Cina – e Stati Uniti), con un ruolo determinante dell’Europa e finalmente anche il sostegno convinto del nostro governo, che alla fine sono riusciti a convincere India e Cina ad abbandonare il gioco dei veti contrapposti e costringere gli Stati Uniti ad approvare un mandato a sottoscrivere un accordo globale che abbia il Protocollo di Kyoto come architrave. […]
Molto debole l’accordo raggiunto sul Green Climate Fund, dove si é solo riusciti a definire la struttura e le modalità di gestione del fondo destinato a finanziare le azioni di riduzione delle emissioni e di adattamento ai mutamenti climatici nei paesi poveri.
Ancora una volta manca qualunque certezza sui finanziamenti promessi a Copenaghen e confermati a Cancun attraverso una roadmap che aumenti annualmente i 10 miliardi di dollari già stanziati per il 2012, sino a garantire i 100 miliardi di dollari promessi per il 2020. Ma anche le modalità di finanziamento del fondo, che da molte parti viene richiesto siano pubblici e senza interventi di istituzioni come la Banca Mondiale, rimangono nel vago.
Cosi’ come e’ rimasto intatto il cosiddetto "gigatonne gap" ossia il divario (che l’Unep stima tra 6 e 11 gigatonne di CO2) tra gli attuali impegni di riduzione delle emissioni e quelli necessari per contenere il surriscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi centigradi. Partirà il trattato REDD+, con cui i Paesi sviluppati si impegnano a finanziare le iniziative di difesa delle foreste dei Paesi più poveri. Insomma le emergenze sono davvero tante e forti e ancora tempo per tattiche e posizionamenti quando parliamo del futuro della vita sul Pianeta non ce n’e’; solo se questo diventerà il vero assunto del giorno dopo di questa ultima Cop potrà esserci un futuro.
Maurizio Gubbiotti, segreteria nazionale Legambiente