Dopo 16 anni arriva la sentenza con la quale il TAR Veneto, rigetta definitivamente il ricorso con il quale la Cementeria Radici di Monselice chiedeva l’annullamento dell’adozione del Piano Ambientale attuata il 6 maggio 1994, dal Consiglio dell’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei e di tutti gli atti conseguenti. La cementeria è stata altresì condannata al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio.
Nella sostanza la Cementeria Radici contestava un "eccesso di potere" da parte del Parco Colli, per aver incluso nel territorio del Parco medesimo, l’intera area su cui sorge lo stabilimento di proprietà. La Società ricorrente dopo aver ricordato di avere 200 dipendenti ed un indotto occupazionale per altre 300 persone, paventava "la manifesta volontà di pervenire attraverso una lenta agonia economica-strutturale alla cessazione della attività in essere". In giudizio si era costituito l’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei, replicando alle argomentazioni della Cementeria e chiedendo la reiezione del ricorso.
Il testo della sentenza è istruttivo perché ricorda che l’art. 19, delle N.T.A. dell’impugnato Piano Ambientale si afferma: "Sono incompatibili con le finalità del Parco le seguenti attività ed impianti: …; c) gli impianti produttivi ad alto impatto ambientale, quali le cementerie; …". Indicativa anche la considerazione del Parco Colli che ricorda: "Dal 1991 ad oggi, l’Ente Parco ha emesso ben 49 provvedimenti su richiesta della Cementeria di Monselice, tutti favorevoli alla stessa, in quanto autorizzativi dell’esecuzione di interventi eccedenti l’ordinaria manutenzione degli impianti; utilizzando, peraltro, la procedura ordinaria anziché quella consistente nella stipula di apposite convenzioni”. Un dato che porta a concludere: “Nonostante le molte doglianze della società ricorrente, ad oggi nessun concreto nocumento ha avuto la medesima dalla sua inclusione nell’ambito del perimetro del Parco dei Colli Euganei. E, con ogni probabilità, nessun nocumento avrà in futuro, avendo ampiamente dimostrato l’Ente Parco la sua volontà di non ostacolare l’attività d’impresa della cementeria, rendendone bensì compatibile l’esercizio con le esigenze di tutela ambientale istituzionalmente perseguite".
Anche a fronte di questo, la prima sezione del Tar giunge ad affermare: " le conseguenze dell’applicazione della disciplina stessa non implicano un’apodittica chiusura o delocalizzazione dello stabilimento, ma una commendevole concertazione tra l’Ente Parco, il Comune e la stessa Società al fine di individuare gli interventi più consoni al contemperamento tra le esigenze della tutela dell’ambiente e quelle della tutela dell’attività di impresa e del suo indotto, anche occupazionale".
Dopo questa sentenza non ci sono più alibi e tutti i soggetti coinvolti, dovrebbero finalmente applicare quanto indicato dall’art. 36, punto 15, delle medesime N.T.A. in cui si dispone, per quanto attiene alla Cementeria di Monselice, alla Cementeria Italcementi e alla Cementeria Cementizillo, che: "Per ciascuno di tali impianti, un apposito progetto unitario deve coordinare gli interventi necessari per migliorare l’inserimento ambientale, mitigandone l’impatto con la ricomposizione paesistica e l’arredo vegetale, e per conseguire gli obiettivi di adeguamento o riconversione fisica e/o funzionale decisi a livello regionale".
E dopo 16 anni, tutti i cittadini attendono che la legge sia applicata anche nei confronti dei potenti cementieri