Il Veneto è un’unica città metropolitana

Il Veneto è un’unica metropoli e Padova è solo un quartiere di essa. Bisogna smettere di pensare in piccolo e non avere più come riferimento i campanili e le particolarità minuscole: va costruita una realtà più organica, dismettendo le parti non funzionali ed eliminando una miriade di enti inutili. In alternativa si tratta semmai di attivare un grande strumento di coordinamento generale: l’Agenzia per la metropoli. Questa deve avere come missione lo sviluppo e la gestione del patrimonio in dismissione e l’orientamento su scelte per la riformattazione coordinata e ammodernata del territorio veneto, monitorato e gestito con modalità metropolitana.

La sintesi precedente costituisce l’assunto principale esplicitato nell’Assemblea dei giovani imprenditori di Confindustria e dell’Ance Padova in un significativo convegno tenutosi nella città patavina il 9 maggio 2008.

Tale svolta (se di svolta vera si tratta e non solo di un pronunciamento) non può non interessare e sollecitare di conseguenza alcune integrazioni e messe a punto.

Intanto la scelta metropolitana: essa comporta la comprensione che il Veneto ha conosciuto uno sparpagliamento di edificazioni e zone industriali nella modalità “capanonsìn” e collocazioni ipercommerciali all’insegna della pura e semplice occupazione e dissipazione disordinata di suolo. Capire che il Veneto va esplicitato in dinamiche metropolitane significa optare o per il modello dell’insediamento a macchia d’olio o per il modello della città reticolare.

Il primo non sarebbe che la continuazione di quanto è accaduto sin d’ora: costruire ovunque allargando le aree di espansione e seguendo un solo criterio di addensamento verso un centro di aggregazione qualsiasi.

Optare per il secondo implica invece comprendere e praticare l’organizzazione di insediamenti secondo un chiaro disegno di compresenza sostenibile di costruito urbano e territorio aperto.

In particolare il territorio aperto viene interpretato come insieme di corridoi ecologici che promuovono un tessuto agrario, forestato, agroenergetico, agroproduttore di tipicità, agrituristico in grado di fornire anche ai nuclei abitati e urbani una prossimità con il territorio socioambientale di elevato livello sistemico, con salvaguardia dei valori paesaggistici, di piani di sviluppo rurale avanzato in un sistema complessivo di bene-essere e ben-stare per le popolazioni venete.

E’ la forma città o meglio la pratica-cittàmetropolitana che va rigovernata in sintonia con scenari idonei al 21 secolo.

Laquestione viabilistica e trasportistica assume allora valore nodale e irrinunciabile in una pratica avanzata di città. I nodi di riferimento sono strutturalmente almeno tre:

1 –essenzializzazione dei tracciati metropolitani: il principale tracciato è da organizzare sul flusso del corridoio 5 (Verona-Vicenza-Padova-Mestre-Treviso-Friuli [e collegamenti con l’Europa est]) e il secondo (con maggiore connotazione regionale sostenibile) espresso dall’organizzazione della città metropolitana lineare pedemontana (Verona-Vicenza-Thiene-Bassano-Asolo-Conegliano-Vittorio Veneto-Pordenone…).

2 – impianto razionale su rotaia da un lato per i collegamenti mare/zone produttive (es. Chioggia-Padova) e dall’altro rivolto ai nuclei urbani dell’arcipelago metropolitano collegati via rotaia con gli aeroporti all’interno di un’area di influenza limitata a 70-80 km (pertanto il traffico nazionale ed internazionale va favorito con collegamenti rapidi e sicuri su poli primari come Venezia-Marco Polo e Verona-Catullo).

3 –trasporto urbano sulle radiali del centro principale con transito della mobilità quotidiana e ricorrente su mezzi pubblici organizzati lungo le radiali e con opportuna distribuzione di parcheggi scambiatori a supporto del mutamento strutturale di mobilità.

Tutto ciò implica una visione socioambientale e socioeconomica decisamente di scala regionale, mirata su una precisa opzione per un modello insediativo orientato al riordino esplicito rispetto al caos precedente, generato da impianti insediativi localistici e frammentati.

Va insomma riequilibrato il sistema rispetto ai tre fattori primari: territorio aperto (1) trattato come dotazione continua per tutti gli insediamenti, aree produttive (2) poste solo lungo i corridoi serviti da una trasportistica alternativa e innovativa a basso impatto energetico e secondo collegamenti glocali, insediamenti selettivi (3) pianificati per controllare la quota di costruito e di territorio aperto in una logica di accessibilità facilitata per entrambi e con tutela e garanzia per i valori qualitativi di aria, acqua, suolo, energia e biodiversità). Il tutto in un quadro di società avanzata di tipo glocale e biodigitale.

Ovviamente la questione è molto più complessa di come è qui sintetizzata e merita altri più puntuali approfondimenti. Basti dire per ora che lo scenario è credibile ed interessante.

C’è una questione di partnership. Sicuramente hanno un ruolo i Comuni urbani e non, la Regione, gli Imprenditori, l’università in un quadro da Politecnico Veneto, i parchi tecnologici messi a sistema. Ma non si consideri una voce minore quella delle forze degli abitanti e delle organizzazioni ambientaliste.

Gabriele Righetto – Direttivo Legambiente Padova