L’impegno è la chiave per sperare

Molti conosceranno la storia di impegno sociale del Gruppo Abele, fondato a Torino nel 1965 da Don Luigi Ciotti, in favore dei più emarginati. Ma il Gruppo Abele ha anche adottato un approccio che va oltre l’ assistenza e si è sempre distinto per le proposte culturali ed educative. Da queste esperienze nasce il libro “La speranza non è in vendita”.

Ricordiamo che Don Luigi Ciotti ha contribuito nel 1995 anche alla nascita di Libera, esponendosi quindi in prima persona nella lotta contro le mafie, cosa non da tutti. Ma proprio qui sta il punto centrale del libro: per tornare a sperare in una società più giusta, ciascuno di noi dovrebbe esprimere il proprio impegno nei comportamenti e nelle scelte, grandi e piccole, di ogni giorno. Importante è quindi educarci alla responsabilità, cioè a tenere comportamenti etici. L’ etica dovrebbe essere applicata a tutti gli ambiti dell’ attività umana: educazione, economia, diritti, professioni e così via.

Per tornare a sperare nella giustizia quindi bisogna anche impegnarsi per costruirla. La speranza non può essere solo per alcuni. Le diseguaglianze sociali estreme, da tempo presenti nella nostra società e inasprite dalla recente crisi economica, impediscono di fatto a moltissime persone di godere di diritti fondamentali. I diritti non possono essere considerati un peso e non è possibile che chi ha provocato la crisi ora dica che se ne può uscire solo a prezzo di enormi sacrifici da parte delle categorie sociali già svantaggiate. Le leggi dell’economia sono leggi inutili se servono solo a garantire la ricchezza di pochi: “il valore economico è inscindibile dal valore sociale”.

Anche il tema della legalità è centrale nel discorso di Don Luigi. Le leggi, che dovrebbero essere la garanzia di tutela di fronte ai soprusi, purtroppo vengono sfruttate anche per garantire la supremazia di coloro che sono già socialmente avvantaggiati. “Punire la povertà e il disagio” ed “il carcere usato come discarica sociale” sono i metodi di una legalità puramente formale. La legalità dovrebbe essere invece espressione di “un progetto di convivenza e regola di vita sociale” e deve avere le giuste priorità: “si può cominciare lottando contro le mafie o liberando le città dalla presenza fastidiosa di accattoni e lavavetri, contrastando la speculazione edilizia e l’ inquinamento ambientale o perseguendo chi protesta”. La lotta per la legalità e contro le mafie deve essere una lotta culturale che, oltre ai mezzi della repressione, adoperi strumenti educativi e sociali. Bisogna evitare che si creino quelle “zone grigie” (corruzione, evasione fiscale, abusivismo, traffico di rifiuti, etc.) di illegalità non propriamente mafiosa, che però preparano il terreno alle organizzazioni criminali. Purtroppo, fa notare Don Luigi, anche la Chiesa alle volte si è resa responsabile di comportamenti quantomeno ambigui e “persino complici”, mentre dovrebbe essere chiaro che un sacerdote non può che schierarsi contro le mafie.

Dura è anche la presa di posizione contro le leggi che in Italia governano l’immigrazione, una legislazione ingiusta e impraticabile che crea un esercito di irregolari senza diritti, destinati ad essere sfruttati nel mercato del lavoro nero.

Molto utile è perciò ritornare a riflettere su Costituzione e democrazia. La democrazia si basa su dignità e giustizia, e non può sopravvivere senza la responsabilità e l’ impegno di tutti. Il dovere di adoperarsi a costruirla è l’ altra faccia del diritto a goderne i benefici. “La Costituzione parla di doveri e non di obblighi perché sa che una democrazia può reggersi solo su scelte libere e consapevoli”.

Riflettendo su queste tematiche Don Luigi propone tre concetti che dovrebbero fungere da cardini per l’impegno sociale: corresponsabilità, continuità, condivisione. “Corresponsabilità è vivere in modo generoso il proprio ruolo di cittadini; continuità è trasformare l’indignazione passeggera in sentimento stabile, in motivazione che nutre l’ azione; condivisione è sapere che da soli non andiamo da nessuna parte, ma nemmeno illuderci che da qualche parte possano andare i gruppi che si affidano ciecamente alle scelte dei propri leader”.

Nota: i virgolettati sono citazioni del libro ed i corsivi sono dell’ autore.

 

Davide Gobbo, redazione di ecopolis