Comunque si concluderà il “referendum” sulle torri di San Carlo va detta chiara una cosa: la maggioranza della Giunta che l’ha voluto, ha operato uno strappo netto con chi, come noi, crede nella partecipazione. Uno strappo che probabilmente aggraverà, e forse radicalizzerà, la crisi di fiducia di molti soggetti della società civile organizzata che avevano creduto alle promesse elettorali sui percorsi partecipativi della compagine Zanonato.
La promessa di partecipazione fu vista come la vera novità del programma di Zanonato, e questo convinse molti ad operare per favorirne la vittoria elettorale. Ora la vicenda di San Carlo infligge un colpo micidiale ad una fiducia già traballante, visto che fin’ora i percorsi partecipativi non ci sono quasi mai stati. A partire dai bilanci mai concertati, ai gruppi di lavori tematici ed ai laboratori di quartiere mai convocati. Una svogliata consultazione è stata troppo spesso contrabbandata per partecipazione, fatti salvi alcuni casi isolati come il Forum sui Piano Territoriale in Agenda 21 e un paio di laboratori di quartiere.
Si dirà: ma il referendum non è partecipazione? In questo caso no. Non si può banalizzare la partecipazione proponendo, all’ultimo momento, una consultazione a cui rispondere con un sì o con un no. C’era tutto il tempo per avviare un vero percorso partecipativo. Il progetto della nuova torre è stato presentato in Comune l’11 novembre 2004! Se ve ne fosse stata la volontà, a quest’ora avremmo già i risultati di un percorso di partecipazione che avrebbe potuto coinvolgere consapevolmente le associazioni, le categorie e le realtà di quartiere, nonché i singoli cittadini. Come? Nel luglio scorso CGIL, Legambiente e rete degli urbanisti “La città amica”, proposero al Sindaco di promuovere un concorso di progettazione. Una volta raccolti vari progetti, questi avrebbero dovuto essere sottoposti e discussi, attraverso una serie di incontri con la cittadinanza e le forze di quartiere, presenti i progettisti e rappresentanti dell’Amministrazione, per arrivare a condividere le scelte. Solo a questo punto, se nel caso fosse ro rimaste sul campo ipotesi alternative, una consultazione popolare locale non sarebbe più stata un fatto banalizzante come in effetti oggi è, se non addirittura mistificatoria.
Un po’ di incontri del CDQ e qualche assemblea svolta nel quartiere non rappresentano un reale percorso partecipativo, anche perché non è stato possibile prendere in considerazione che una sola proposta, quella del progetto della Ditta Vall srl.
Legambiente non ha mai negato l’opportunità di coinvolgere i privati in un’operazione che ovviamente implica il reperimento d’ingenti risorse finanziarie. Ma una corretta gestione della cosa pubblica richiede che l’iniziativa progettuale parta dal Comune e non dal privato.
E’ il Comune che deve prioritariamente valutare attraverso un reale processo partecipativo le effettive esigenze dei cittadini e le priorità d’intervento. E’ il Comune che deve definire i paletti all’interno dei quali debbono muoversi i privati interessati alle aree pubbliche. E’ il Comune che deve definire a monte, le funzioni pubbliche ed i servizi richiesti dai residenti e sulla base di questo contrattare l’intervento del privato perché diventi fattore riqualificante di un più ampio contesto urbano.
Il Sindaco Zanonato e il suo assessore all’urbanistica Mariani invece usano la logica del “o così o niente”, o ci cucchiamo le torri così come progettate della Valli srl, avendo in cambio un po’ di cubatura per usi civici, oppure siamo arruolati d’autorità “nel partito del non fare”.
Io penso invece che siano gli amministratori delegati alle scelte urbanistiche che da troppo tempo intendono queste ultime come puro mercanteggiare, volta per volta, sulle varie aree edificabili e sulle cubature, rinunciando a definire criteri progettuali e senza alcun disegno globale per la città, men che meno partecipato.
La promessa di partecipazione fu vista come la vera novità del programma di Zanonato, e questo convinse molti ad operare per favorirne la vittoria elettorale. Ora la vicenda di San Carlo infligge un colpo micidiale ad una fiducia già traballante, visto che fin’ora i percorsi partecipativi non ci sono quasi mai stati. A partire dai bilanci mai concertati, ai gruppi di lavori tematici ed ai laboratori di quartiere mai convocati. Una svogliata consultazione è stata troppo spesso contrabbandata per partecipazione, fatti salvi alcuni casi isolati come il Forum sui Piano Territoriale in Agenda 21 e un paio di laboratori di quartiere.
Si dirà: ma il referendum non è partecipazione? In questo caso no. Non si può banalizzare la partecipazione proponendo, all’ultimo momento, una consultazione a cui rispondere con un sì o con un no. C’era tutto il tempo per avviare un vero percorso partecipativo. Il progetto della nuova torre è stato presentato in Comune l’11 novembre 2004! Se ve ne fosse stata la volontà, a quest’ora avremmo già i risultati di un percorso di partecipazione che avrebbe potuto coinvolgere consapevolmente le associazioni, le categorie e le realtà di quartiere, nonché i singoli cittadini. Come? Nel luglio scorso CGIL, Legambiente e rete degli urbanisti “La città amica”, proposero al Sindaco di promuovere un concorso di progettazione. Una volta raccolti vari progetti, questi avrebbero dovuto essere sottoposti e discussi, attraverso una serie di incontri con la cittadinanza e le forze di quartiere, presenti i progettisti e rappresentanti dell’Amministrazione, per arrivare a condividere le scelte. Solo a questo punto, se nel caso fosse ro rimaste sul campo ipotesi alternative, una consultazione popolare locale non sarebbe più stata un fatto banalizzante come in effetti oggi è, se non addirittura mistificatoria.
Un po’ di incontri del CDQ e qualche assemblea svolta nel quartiere non rappresentano un reale percorso partecipativo, anche perché non è stato possibile prendere in considerazione che una sola proposta, quella del progetto della Ditta Vall srl.
Legambiente non ha mai negato l’opportunità di coinvolgere i privati in un’operazione che ovviamente implica il reperimento d’ingenti risorse finanziarie. Ma una corretta gestione della cosa pubblica richiede che l’iniziativa progettuale parta dal Comune e non dal privato.
E’ il Comune che deve prioritariamente valutare attraverso un reale processo partecipativo le effettive esigenze dei cittadini e le priorità d’intervento. E’ il Comune che deve definire i paletti all’interno dei quali debbono muoversi i privati interessati alle aree pubbliche. E’ il Comune che deve definire a monte, le funzioni pubbliche ed i servizi richiesti dai residenti e sulla base di questo contrattare l’intervento del privato perché diventi fattore riqualificante di un più ampio contesto urbano.
Il Sindaco Zanonato e il suo assessore all’urbanistica Mariani invece usano la logica del “o così o niente”, o ci cucchiamo le torri così come progettate della Valli srl, avendo in cambio un po’ di cubatura per usi civici, oppure siamo arruolati d’autorità “nel partito del non fare”.
Io penso invece che siano gli amministratori delegati alle scelte urbanistiche che da troppo tempo intendono queste ultime come puro mercanteggiare, volta per volta, sulle varie aree edificabili e sulle cubature, rinunciando a definire criteri progettuali e senza alcun disegno globale per la città, men che meno partecipato.
Lucio Passi, Coordinatore Legambiente Padova