Mense senza biologico, o meglio, invece di verdura, frutta, pasta, riso, carni e formaggi, rimangono polpa e passata di pomodoro e legumi (di questi ultimi però nel menù non c’è traccia..), prodotti la cui caratteristica non è certo il “km 0”, più che altro la classica foglia di fico per rispondere agli obblighi di legge.Pare che ciò sia dovuto alle ristrettezze di bilancio, aggravate dalla famosa “legge di stabilità”.
A sentire i produttori agricoli biologici locali, appare incredibile che il risparmio per il Comune sia sulla materia prima di base, la cui incidenza nel piatto è veramente poca cosa in rapporto al costo totale del pasto “veicolato” – fornito da terzi appaltanti, cotto altrove e portato nelle scuola.Tutto ciò a fronte di parecchie esperienze di altri Comuni del circondario, in continua crescita, dove l’incidenza del maggior costo del biologico in rapporto al convenzionale risulta tra il 3 ed il 10%, ma solo della materia prima, non del servizio completo per un pasto!Sembra invece che a Padova il pasto con ingredienti biologici costi anche 1 euro in più, sugli € 5.70 citati, cioè oltre il 17 % dell’intero pasto! Posto anche che la materia prima incida anche per un 30% (dato prudenziale, per eccesso) è una differenza abissale.
La cosa poi curiosa è che le ditte di catering che forniscono il servizio di mensa nelle nostre zone sono più o meno le stesse, ma lo fanno a prezzi molto diversi a seconda del Comune, del tipo di bando, ecc. ecc.. Non è che, scegliendo di avere come interlocutore unico, e da troppo tempo, le medesime ditte fornitrici, il Comune di Padova abbia effettivamente dei costi eccessivi in rapporto al servizio che riceve? Ma la coperta troppo corta di un bilancio stravolto dai tagli del Governo non è un buon motivo per ridurre la qualità dell’offerta alimentare ed educativa (non solo il biologico che sparirà di fatto, ma aumenteranno i “piatti unici”, vero affare per i fornitori che risparmiano nella preparazione e nel personale per lo scodellamento).
E cesserà di essere un’opportunità per la migliore produzione biologica locale e quindi con la qualità e la vitalità del proprio territorio, anche se mediata dalla filiera commerciale. Quando invece la legge regionale “dei bisi” (L.R. 7/2008) ha voluto promuovere i prodotti a chilometri zero che oltre ad essere freschi non fanno tanta strada per arrivare nel piatto. Altri Comuni pretendono il “km 0”, ovvero l’attestato di provenienza geografica delle produzioni e hanno menù stagionali, elemento chiave per garantire qualità dell’alimento e sostegno alle produzioni locali. In questa improvvisa operazione/ponte, che porterà a definire i nuovi appalti da settembre 2011, chi ci perde sono i soliti: produttori e consumatori.
Ed è grave apprendere che anche in altri grandi Comuni, all’avanguardia sul tema della bio-ristorazione (Roma, Cesena, Bologna, Vicenza, Legnago, ecc.), il settore del catering tenderebbe a scoraggiare il biologico, adducendo il tema dei maggiori costi; in realtà per le ditte che si aggiudicano la fornitura della ristorazione pubblica questo è sempre più un problema di gestione – si pensi all’obbligo di certificazione specifico, alle condizioni di trasparenza che vengono sempre più richieste, ecc. ecc. tutte cose che nel commercio convenzionale non ci sono. Noi ci aspetteremmo che l’Amministratore pubblico, specie di una grande e importante città, non possa esimersi dal pensare in grande, e quindi al fatto che le sue scelte devono aprire una strada e vedere lontano, nel caso specifico promuovere il locale perchè è sostenibile per il consumo di energia, difende il suolo (lo spazio adibito a terra invece che cemento) e l’ambiente, promuove uno spazio verde di qualità intorno alla città.
Quindi, per l’Amministrazione Comunale di Padova è il momento di analizzare a fondo il motivo dei costi eccessivi allargando ad interlocutori che “progettano” il servizio senza tagliare malamente, andando anche a vedere come fanno da altre parti ad ottenere risultati di segno opposto, sul piano della qualità, del gradimento (e quindi il tema degli avanzi, che sembra così grave a Padova) e dei costi. Non sono anni che si va a Friburgo a vedere come si organizzano le politiche ambientali? Per il cibo e la salute dei nostri figli, non si va nessuna parte ?
Franco Zecchinato – Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica del Veneto