Montegrotto fa da solo e il PATI diventa PAT

Nell’aprile scorso avevamo apertamente criticato i due Comuni di Abano e Montegrotto per come avevano avviato l’operazione PATI (Piano di Assetto Territoriale Intercomunale) prevista dalla nuova legge urbanistica regionale, la 11 del 2004. Avevamo definito, pesando con responsabilità le parole, «insulso e vuoto» quel Documento programmatico adottato dai due Comuni e che avrebbe dovuto chiarire a cittadini e addetti ai lavori perché si faceva un PATI, con quali concreti obiettivi e attraverso quali scelte strategiche.
Un documento, quello adottato, assolutamente generico e neutrale rispetto alla situazione territoriale oggetto del piano. Un modo deludente per avviare l’applicazione della tanto enfatizzata nuova legge; tale, questo modo, da alimentare forti sospetti sull’uso «furbesco» di questo nuovo strumento, usato solo per arrivare il più rapidamente possibile ai PI, Piani di Intervento, piani che la nuova legge permette di attuare senza tanti controlli. Nessuno ha replicato alle nostre critiche.
E quello che sta succedendo ci inquieta sempre di più. Del Piano Territoriale Provinciale, che dovrebbe costituire il quadro di riferimento anche per questi piani, non si sente più parlare. Tutti a capofitto sui PATI, anche i Comuni dei Colli a pochi dei quali sembra interessare l’esistenza e l’esperienza del Piano Ambientale, l’esempio più interessante, anzi l’unico di pianificazione sovracomunale.
Ma a Montegrotto sta succedendo la cosa più originale. Questo Comune ha deciso di fare da solo: non più con Abano (la cui amministrazione è andata in crisi), non con l’area metropolitana di Padova, non con i Comuni del Parco. Tutto da solo. Non più evidentemente per fare un PATI, ma per fare un PAT, cioè il Piano di Assetto Territoriale comunale.
Di per sé tutto legittimo, ma come viene avviata questa nuova scelta? Con un «documento preliminare» come previsto dalla legge. Documento che il Comune ha già adottato, solo che si tratta… dello stesso identico documento «insulso e vuoto» che avrebbe dovuto chiarire il perché del PATI assieme ad Abano. Un documento per tutti gli usi evidentemente! Unica differenza? La «I» cancellata dalla sigla: da PATI a PAT! Impossibile trovare un solo motivo concreto che faccia capire dove si vuole arrivare.
E questo bel documento, tanto per far finta di adeguarsi agli obblighi di «concertazione» e «partecipazione» (belle parole!) previsti dall’art. 5 della legge, viene inviato a qualcosa come 110 enti e associazioni di tutti i tipi (dal… Pattinaggio artistico al… Ferrari Club!) perché formulino eventuali osservazioni. Ma come si fa a discutere sul nulla? Non ha tutto questo il sapore di una presa in giro (mentre le gru punteggiano sempre più fitte il panorama locale)?

Gianni Sandon, Comitato Difesa Colli Euganei