Padova, non più città d’acqua ma di parcheggi interrati

Da notizie apparse sulla stampa il 2 dicembre, abbiamo appreso che il progetto per la realizzazione, in project financing, di un nuovo autosilos in Largo Europa sarà presentato dai privati entro la metà di febbraio. Si tratta di un’opera prevista nel programma triennale 2010-2012 dei lavori pubblici, approvato dal Consiglio Comunale il 13 aprile di quest’anno. Un parcheggio interrato su due piani, della capienza di 245 posti auto, da realizzare sotto via Matteotti e Largo Europa, proprio dove scorreva il corso del Medoacus, l’antico fiume nella cui ansa è sorta Padova.

Tempestivamente il presidente di Legambiente Padova, Andrea Ragona, ha emesso un comunicato in cui si dichiara allibito nel constatare che, a fronte della riduzione da parte del comune del canone dell’autorimessa di via Matteotti, giustificata dal calo di traffico diretto in città sia dalla direttrice di via Reni che da quella di via Tommaseo, viene prevista la costruzione di un nuovo parcheggio esattamente nella stessa zona. Si tratta di una contraddizione in termini, specie se si pensa che tra qualche settimana aprirà il nuovo autosilo dell’ex Cledca, aumentando così l’offerta dei parcheggi.

Anche qui, come nel caso di Prato della Valle non si capisce dove sta l’interesse pubblico, soprattutto se si tiene conto che era stato proposto, assieme agli Amissi del Piovego, lo stombinamento parziale del naviglio per favorire il turismo fluviale e per riqualificare una zona di Padova oggi sommersa da cemento e palazzoni.

È da quest’ultimo punto che vogliamo partire: quale città, in sostanza, si vuole lasciare in eredità ai futuri padovani. Una città che rimuove le tracce della sua storia, consolidando l’opera di distruzione dell’antico tessuto urbano iniziata nel secolo scorso, o una città che riscopre e recupera ove possibile le sue bellezze? Abbiamo già commentato il corto respiro che ha avuto la scelta urbanistica di interrare il naviglio interno ed i suoi ponti romani negli anni cinquanta. In nome di una modernità legata alla circolazione delle automobili (il mito del benessere del XX° secolo) si è distrutto uno dei principali segni identitari di Padova, salvo accorgersi, dopo nemmeno 40 anni, che il traffico era incompatibile con la stessa vivibilità del centro storico. Potrebbe accadere la stessa cosa anche per i grandi parcheggi interrati, posti a ridosso delle mura cittadine.

Il problema che si pone, quindi, è quello di prefigurare quale sarà il sistema della mobilità nella città di domani (nella quale, magari, le auto non avranno più alcun significato), trovando le soluzioni in grado di risolvere i problemi attuali, senza compromettere l’immagine di Padova futura e la vivibilità di quella attuale.

Continuiamo a ritenere che insistere sui parcheggi a rotazione, nelle zone centrali, sia un errore. Si tratta, infatti, di un’offerta di stazionamento che induce un traffico di penetrazione, che interessa non solo il centro storico ma anche i popolosi quartieri residenziali, attraversati dalle trafficatissime vie radiali. Il traffico strutturale, legato al pendolarismo, va risolto puntando con decisione e senza tentennamenti sul potenziamento del trasporto pubblico e sull’efficientamento (anche con opportune politiche tariffarie) dei parcheggi scambiatori posti a corona della città. Gli unici parcheggi centrali su cui si può discutere sono quelli destinati ai residenti, in ragione del fatto che questa tipologia di parcheggio ha la proprietà di soddisfare una domanda di stazionamento, che toglie le auto dalle strade, senza però attirare un traffico improprio dall’esterno.

Per quanto riguarda infine gli interventi che incidono sul tessuto storico della città, prima di inserirli nei programmi delle opere pubbliche (soprattutto se si tratta di proposte di operatori privati), è necessario che si apra un dibattito che interessi non solo le forze politiche ma anche, e soprattutto, il mondo culturale padovano. Il controverso parcheggio di piazza Rabin deve fare scuola, ma anche il parcheggio di cui trattiamo ora è un esempio calzante.

La proposta degli Amissi del Piovego e di Legambiente di riaprire l’antico naviglio fino a Largo Europa per creare una piccola darsena a ridosso della zona pedonale (vedi rendering fotografico curato da Vera Piovesan) per stimolare il trasporto fluviale di Padova, città d’acqua, è senz’altro seducente ed avrebbe meritato di essere messo a confronto con il ben più triste parcheggio interrato.

È questo un esempio di recupero delle bellezze di Padova, e della città che si vuol consegnare ai futuri abitanti, di cui si parlava sopra. Ma con che forze potremo opporci al project financing quando, con la benedizione di chi ci amministra, avrà iniziato la sua corsa?

Lorenzo Cabrelle – direttivo Legambiente Padova