PAT: è sufficiente la mitigazione dei danni ambientali?

Nell’ambito degli incontri di Agenda 21 per il nuovo PAT – Piano di Assetto Territoriale di Padova, vi è stata in questi giorni una interessante presentazione dello stato di avanzamento degli studi relativi alla VAS – Valutazione Ambientale Strategica (arch. Pierluigi Matteraglia) e di quelli relativi al progetto “Padova Clima” realizzato nell’ambito del PATI – Piano di Assetto Territoriale Intercomunale (ing. Andrea Dian). Giustamente, come da noi più volte rivendicato, con questi studi l’impronta ambientale (anche se non proprio l’impronta ecologica, come da noi richiesto) ed il bilancio delle emissioni di CO2 entrano a far parte degli indicatori per la valutazione ed il monitoraggio degli effetti indotti dalla pianificazione urbanistica.

Le informazioni fornite nel corso dell’incontro sono state d’ordine prevalentemente metodologico, mentre un più ampio compendio dei dati elaborati verrà fornito solo a settembre. Alcune considerazioni possono però sin d’ora essere fatte.

La direttiva europea per la VAS prevede obbligatoriamente la prefigurazione di più scenari alternativi di sviluppo, sulla base dei quali ha un senso attivare un processo partecipativo che coinvolga attivamente cittadini, categorie economiche e sociali, associazioni ambientaliste e culturali. In effetti la VAS predisposta per il PAT di Padova definisce due diversi possibili scenari di sviluppo, che però – quasi sempre – si differenziano per aspetti del tutto marginali e non costituiscono una reale alternativa ai meccanismi in atto di crescita urbana, dei quali – nella sostanza – propongono solo una moderata e poco incisiva razionalizzazione.

Gli indicatori utilizzati per valutare l’impronta ambientale denunciano il fatto che i nuovi insediamenti previsti da entrambi gli scenari produrranno pesanti effetti negativi, che si immagina di poter compensare con diffusi interventi di riforestazione in ambiti territoriali periurbani (attualmente adibiti ad attività agricole) e con il potenziamento dei sistemi di trasporto collettivo. Sta di fatto che mentre le nuove potenzialità edificatorie concesse ai privati verranno sicuramente tradotte in opere in quanto di evidente e consistente interesse economico, nessuna certezza vi è che altrettanto possa avvenire per l’auspicato rimboschimento e per le nuove infrastrutture di trasporto collettivo su ferro. Le priorità dei finanziamenti pubblici vanno attualmente in tutt’altra direzione e non vengono esplicitati meccanismi incentivanti per far sì che i proprietari di terreni agricoli siano ind otti a riconvertire le colture esistenti. Qualche modesto incremento di spazi verdi alberati si avrà forse con la perequazione urbanistica, con l’effetto però – se permangono le regole attuali – di far lievitare in misura spropositata (data la frammentazione e la modesta dimensione degli spazi di norma ceduti al Comune) i costi manutentivi degli stessi a carico della Pubblica Amministrazione.

L’aspetto comunque più allarmante dei dati e delle elaborazioni presentate è che – anche presupponendo il conseguimento e l’esito positivo di tutte le strategie di piano – la situazione ambientale è destinata a peggiorare. Se il piano sarà efficace, si potrà tutt’al più ridurre il delta degli effetti negativi indotti dai nuovi insediamenti e dalle nuove attività programmate: una percentuale di riduzione del danno, anziché un miglioramento!

Ad analoghe conclusioni giunge lo studio sulle emissioni climalteranti effettuato per il PATI a scala comprensoriale: uno studio che utilizza gli indicatori energetico-ambientali dell’Autorità per l’Energia Elettrica e per il Gas (AEEG) e che propone un approccio integrato alle problematiche territoriali ed energetiche (pianificazione e gestione urbanistica, edilizia a basso consumo energetico, sistema dei trasporti urbani). Anche in questo caso il peso preponderante ai fini di una riduzione delle emissioni è attribuito alla riforestazione urbana e periurbana, ma – anche in questo caso – gli interventi auspicati potranno al massimo ridurre di un venti/trenta per cento gli incrementi che si prevede saranno originati dalla crescita urbana.

Un esame ed un giudizio più attento sugli studi sin qui effettuati sarà ovviamente possibile solo quando ne verrà fornita la documentazione completa. Osserviamo però da subito:

  • In un momento storico in cui le principali città del mondo stanno definendo ed attuando strategie innovative per contrastare i cambiamenti climatici, appare drammaticamente riduttivo proporre un piano urbanistico che si pone esclusivamente come obiettivo strategico quello della mitigazione dei danni ambientali generati dalle nuove previsioni insediative. Il piano, riteniamo, dovrebbe prefiggersi l’obiettivo di migliorare la situazione esistente, riducendo l’impronta ecologica della città e riducendo l’emissione di gas climalteranti, quantomeno nella quantità indicata dagli accordi internazionali sottoscritti dal nostro paese ed indicati dalla Comunità Europea (meno 20% entro il 2020).
  • Conseguentemente tra gli scenari proposti deve essere contemplata e sottoposta al confronto pubblico anche una reale e radicale alternativa al modello di crescita attuale, che attribuisca un peso predominante alla salute dei cittadini ed alla nostra diretta responsabilità nei confronti del futuro del pianeta, e che stabilisca precise priorità d’investimento e d’intervento.
  • Le norme di piano dovrebbero stabilire condizioni precise a cui subordinare ogni nuovo intervento e trasformazione urbana: nessuna azione negativa in termini ecologici ed ambientali dovrà essere autorizzata se prima o nel contempo non verranno finanziate e poste in atto le misure positive indicate come necessarie per contrastarne gli effetti (così, ad esempio, nessuna nuova urbanizzazione ed edificazione dovrebbe essere consentita, se non in presenza di un congruo investimento compensativo in interventi di rimboschimento, risparmio energetico e riqualificazione territoriale).

Sergio Lironi – Presidente Legambiente Padova