Non passa giorno senza che alcuni pontifichino sulle virtù della flessibilità. Dimenticano costoro che in Italia abbiamo consolidato il record europeo dei contratti atipici, circa una quarantina, tanto nel privato quanto nel pubblico. E’ una flessibilità che, investendo un piano esistenziale, diviene precarietà di vita.
Si dice “ma è l’Europa che va in questa direzione..”, vero solo in parte, poiché alcuni contratti, li abbiamo solo noi, inoltre si dimentica sistematicamente che in Italia i salari sono molto più bassi. Un precario all’estero può guardare al proprio futuro con minor ansia rispetto ad un italiano. C’ è qualcosa che comunque, dalle nostre parti, stiamo rendendo stabile: la precarietà appunto. Vediamo qualche dato.
Tempo determinato In Veneto (dati Veneto Lavoro) si stipula una media annua di 270.000contratti a tempo determinato, il 40% circa degli ingressi nel mondo del lavoro. Di questi la gran parte sono di breve durata: 61.424 durano meno di un mese, 45.074, da 31 a 90 giorni, 52.732, hanno una durata riconducibile tra i 91 ed i 180 giorni, “solo” 6.899 superano l’anno di vita. Appena il 3% ha una durata che eccede i 36 mesi. I lavoratori occupati con questo tipo di contratto sono spesso stranieri, prevalgono però le donne, mentre l’età è quella tra i 30 ed i 49 anni.
La ripetizione sospetta Spesso i contratti a tempo determinato si succedono a distanza imbarazzante… Difatti le assunzioni ripetute sono circa 100.000, un terzo del totale, con una media di almeno tre ripetizioni perlavoratore. Su questa cifra spiccano 65.000 contratti di durata inferiore ai sei mesi, che dovrebbero, in caso di ripetizione, rispettare una interruzione di 10 giorni. In realtà ciò non è avvenuto per 16.000 assunzioni, il 14%, mentre per altri 9.000 contratti l’intervallo è stato appena coincidente con quello imposto dalla legge. Le imprese che hanno fatto assunzioni “ripetute” sono state ben 22.780, una su quattro è irregolare.
I parasubordinati E’ sempre all’ordine del giorno l’esigenza di conoscere meglio la galassia dei lavoratori flessibili iscritti alla gestione separata dell’inps del Veneto. Il numero complessivo di questi contribuenti in Veneto è di circa 160.000 (circa 40.000 per Padova), di cui almeno 130.000 sono collaboratori..
I collaboratori puri, ossia quelli autenticamente precari, sono non meno di 90.000. Le donne rappresentano il 45% del totale, mentre non c’è una spiccata tendenza giovanilistica. A riprova di quanto siano stabili i“precarissimi”, va detto che il 90% dei collaboratori, molti dei quali lavorano nella pubblica amministrazione, ha un solo committente; inoltre la maggior parte sono iscritti da tre anni alla gestione separata e non riescono a trovare un lavoro più stabile della collaborazione a progetto.
Infine è crescente il ricorso al lavoro in somministrazione (ex interinale) dove la media di assunzioni, soprattutto nei settori dell’industria e della manifattura, viaggia su una media di almeno 35.000 l’anno per il nostro territorio.
Oggi il fondo lavoratori dipendenti presso l’inps, quello per intenderci che paga le pensioni, è in attivo di alcuni miliardi di euro. Ciò è dovuto al numero crescente di lavoratori stranieri, ed ai o precari iscritti alla gestione separata. Non sarà sempre così se il numero dei precari continua a crescere. Se si vuole assicurare un futuro ai giovani, ma anche una pensione agli anziani bisogna ridurre drasticamente la galassia della precarietà. E’ l’unico modo di garantire uno stato sociale davvero universale.
Da questo punto di vista il protocollo del 23 luglio sul welfare, pur con i suoi aspetti positivi, non risolve il nodo del precariato. Le modifiche di sostanza, dunque, sono non soloauspicabili, ma necessarie se vogliamo rendere più stabile il futuro di tutti.
Salvatore Livorno – segreteria CGIL Padova