In riferimento ai due recenti casi di vittoria delle “tesi ambientaliste” in campo di giustizia amministrativa che hanno sollevato un coro di dissenso in cui si sono sprecati aggettivi che vanno dall’ “inaspettato” allo “scandaloso” e si sono agitati scenari apocalittici tipo “Nessuno vuole rivivere la miseria prealluvionale”, vogliamo solo ricordare che con le leggi istitutive dei Parchi dei Colli Euganei (1981) del Delta del Po (1997) la Regione Veneto ha riconosciuto la particolare eccellenza di questi territori, dettando norme per tutelarne la delicata vulnerabilità, al fine di perseguire uno sviluppo compatibile che si riverbererà in modo positivo anche sulle future generazioni.
Nei Colli Euganei la presenza dei cementifici è dichiarata incompatibile e se ne prevede la dismissione “dolce” favorendo e stimolando l’attivazione di progetti e attività alternative compatibili con la Salute dei cittadini e la Tutela del Paesaggio. Invece si è tentato di forzare la mano con la proposta di un nuovo sistema produttivo basato sul revamping.
Per quanto riguarda la centrale elettrica di Porto Tolle, esiste la norma, disattesa da quindici anni, che consente l’attività a patto che i prodotti della combustione siano uguali o meno inquinanti di quelli del gas. In tal senso vi era la possibilità di utilizzare il recente e vicino rigassificatore marino, il più grande del mondo, invece di pensare alla riconversione al carbone.
Le azioni intraprese dai Comitati e dalle Associazioni Ambientaliste per il rispetto delle norme previste per la tutela del Paesaggio e della Salute dei Cittadini non sono atti “antidemocratici”, ma sono l’ultima, faticosa e disperata risposta al totale diniego al diritto alla partecipazione che è prevista sia dalla Legge Urbanistica Regionale sia dalla Convenzione Europea del Paesaggio, sottoscritta anche dall’Italia.
Le norme ci sono e sono chiare, ci si dovrebbe attenere ad esse e non cercare di aggirarle puntando sul ricatto del lavoro usato in modo strumentale da quanti, sospinti da interessi non sempre confessabili, non hanno capacità di progetti veramente innovativi a favore del territorio e del futuro delle nuove generazioni.
Ci eravamo illusi, proprio perché il Veneto è uno fra i territori più degradati e inquinati d’Europa, che lo sviluppo di rapina fosse un’idea superata nella coscienza collettiva e che la crisi ci avesse insegnato che il progresso di un’area non si misura dal numero di capannoni. Invece in questi giorni sembra di essere tornati agli anni Settanta quando, al solo ventilare l’ipotesi di chiudere le cave dei Colli Euganei, si dipingevano apocalittici scenari futuri di un territorio in ginocchio; ma proprio l’esperienza dei Colli Euganei, con produzioni agricole di qualità ed uno straordinario sviluppo turistico, insegna che è non solo possibile ma addirittura conveniente (nonostante taluni interventi discutibili) conciliare lo sviluppo economico con la tutela dell’ambiente naturale.
Le sentenze del TAR e del Consiglio di Stato offrono dunque la straordinaria occasione per un ripensamento del modello di sviluppo del Veneto: un ritorno al passato con insediamenti dal pesante ed irreversibile impatto ambientale ed economico-sociale, o il proseguimento sulla strada dello sviluppo davvero sostenibile e coerente con le vocazioni del territorio e con le finalità delle sue aree più importanti e delicate, protette e valorizzate dai parchi naturali?
Questo è, a nostro avviso, un momento storico in cui è necessario saper leggere la realtà della crisi attuale, per essere in grado di approntare lungimiranti e condivise azioni progettuali.
Maria Letizia Panajotti – Presidente Italia Nostra Padova