Caro Sindaco,
esprimo qualche considerazione aggiornata sull’evento “referendario”, ricordando il nostro primo colloquio in occasione del quale avevo percepito qualche disponibilità all’ascolto e oserei dire una certa condivisione su alcune osservazioni.
Premetto che ritengo (a ragione o a torto) che il progetto predisposto e adottato sia stato sopratutto il mezzo per non perdere una possibilità data dalla Legge Regionale, senza però che l’Amministrazione Comunale avesse la possibilità di compiere le necessarie valutazioni e proposte sul destino di quest’area centrale.
Il progetto, per ragioni di tempo, è stato elaborato dal privato, che ovviamente ha fatto gli interessi suoi.
E’ un’operazione condotta come si trattasse di un normale Piano di Lottizzazione, senza considerare per l’appunto i benefici prodotti da una variante che consente la costruzione di torri dove oggi c’è un prato.
La Società Valli ha acquisito con spregiudicatezza un’area destinata dal PRG vigente a standard di quartiere (servizi civici, verde, parcheggi)i che nonostante il vincolo decaduto è completamente inedificabile. E ancor più recentemente un’area nel Parco storico Morassutti che fa temere per la sua integrità.
E’ un azzardo che molti imprenditori giustamente non corrono, che induce ad esercitare pressioni nei confronti del Comune sull’uso di un’area che oggi non ha una destinazione edificatoria. Averla acquisita recentemente (prima di sapere la sua legittima futura destinazione) non è un’operazione particolarmente apprezzabile.
Le esigenze di questa città sono state in questi decenni quasi costantemente piegate ad interessi immobiliari forti e potenti.
Il privato ha redatto il Piano facendo il suo interesse. Non è però questo l’obiettivo che si pone la Legge.
L’effettiva volontà dell’Amministrazione si esprimerà nell’atto eventualmente sottoposto al Consiglio Comunale entro giugno e in sua assenza (cosa che auspico) da un più meditato, qualificato e partecipato progetto.
Quest’area non ha una vocazione edificatoria, ma un’imprescindibile esigenza di verde e servizi, o meglio di una Piazza – Parco, simbolo della cultura urbana collettiva, espressione della Città intesa come bene pubblico.
La consultazione dei cittadini è un atto democratico.
Tenere molto basso il quorum una scelta prudente.
Lo spazio oggetto della consultazione, appartiene, non solo all’Arcella, ma a tutta la città. Quindi poteva essere lasciata la possibilità a tutti di esprimersi, pur mantenendo i seggi in posizione circoscritta al quartiere, per non appesantire i costi.
L’ascolto dei cittadini è sempre buona cosa, meno buona è stata l’inerzia di un anno nel quale poteva essere modificato il progetto o indetto un concorso di idee.
Nefasto è l’intervento proposto dalla Società Valli a suo esclusivo beneficio, (proposta B2) ma è anche peggio la proposta B1) che aumenta i vantaggi del privato e toglie al Comune diritti edficatori che potrebbe mettere all’asta. Si capisce che i 30.000 metri cubi comunali creerebbero una svantaggiosa concorrenza alla ditta Valli, che preferisce essere la sola beneficiaria dell’operazione.
Ma la vendita di questa capacità edificatoria darebbe al Comune le risorse finanziarie per qualificare e attrezzare gli spazi pubblici secondo un progetto di alta qualità urbana. I metri cubi del Comune si possono realizzare non su Piazza Azzurri d’Italia, ma come ben si sa, nell’area di fronte alla Chiesa. E’ una operazione urbanistica normale, ormai consolidata, di perequazione. E il centro civico, potrebbe trovar sede (dopo opportune verifiche) nell’edificio dell’ex Coni. Sarebbero 7000 mc in meno.
I metri cubi complessivi del PIRUEA andrebbero comunque drasticamente ridotti e concentrati, per creare un vero centro urbano e non un altro pezzo di periferia speculativa in aree destinate a standard di Quartiere dal PRG vigente.
La città va pensata con lungimiranza. La cosa “normale” per un’Amministrazione è attuare il Piano in vigore.
Invece si resta fermi per decine d’anni senza un disegno che programmi nel tempo la realizzazione dei servizi previsti dal PRG, ovvero quella “città pubblica” che costituisce il cuore di un Quartiere, per poi, presi dalla fretta di una data (il 28 febbraio di oltre un anno fa) adottare il progetto di un privato che ovviamente fa gli affari suoi.
Ma nell’unica area rimasta libera all’Arcella, questo intervento rappresenta l’emblema di come non si debba intervenire nelle periferie e del come si usa in modo contraffatto il termine “qualità urbana”. In aree destinate a verde e servizi dal PRG, nel cuore di questo popoloso quartiere, si doveva partire dalla valorizzazione della straordinaria risorsa rappresentata da aree libere con destinazione pubblica. (Il vincolo decaduto non consente di costruire un solo metro cubo), ponendo come priorità del progetto, il disegno, la funzione, la qualità formale degli spazi aperti, della piazza – parco che dovrebbe diventare il centro del Quartiere.
Invece questo obiettivo è stato capovolto. Il Piano è partito dai volumi privati e non dalla qualificazione degli spazi pubblici, diventati residuali (nella quantità e qualità dipendenti dalla disponibilità data dal privato).
Gli unici diritti acquisiti (di cui parla con imprecisione Armano) sono quelli dei cittadini che aspettano da anni verde e servizi.
L’Arcella ne ha una disponibilità insufficiente, inferiore agli standard. Lo stesso PAT non dovrebbe occupare con previsioni edificatorie gli spazi ancora liberi in zone densamente edificate, dove è massima la pressione della speculazione, perché massimo è il valore della rendita.
La riqualificazione delle periferie si fa con un impegno anche finanziario del Comune. Tutte le città ormai investono in qualità degli spazi urbani, e questa si realizza innanzi tutto con la valorizzazione degli spazi pubblici.
Non solo mi sta a cuore il destino di questa città e dell’Arcella in particolare, ma vorrei poter raccontare che a Padova si sta realizzando un episodio urbano con il concorso della gente. Mi piacerebbe mostrare con orgoglio l’esperienza di una giunta di centro sinistra che sia di guida e di esempio per altri Comuni piccoli e grandi, di un urbanistica sociale, dove l’interesse pubblico prevale su quello privato.
Se si vuole, si fa.
Tu hai le capacità e le caratteristiche per raggiungere questo obiettivo.
Spero che l’esito del referendum ti aiuti.
La preferenza ai punti B1) e B2) produrrebbe un effetto irreversibile e dannoso in una periferia a cui manca tutto fuorchè il cemento.
Fare una variante al PRG per mettere metri cubi al posto dei servizi è un’operazione alquanto discutibile. Non saprei apprezzarla in una giunta di centro destra e tanto meno di centro sinistra.
L’opzione A) impegnerebbe di più il Comune, ma in futuro ne saremmo (quasi) tutti, tu per primo, soddisfatti per aver reso possibile il miglioramento di un pezzo di città e di non averlo privato di ciò che già oggi gli strumenti urbanistici in vigore ritengono indispensabile alla sua vivibilità.
Ti saluto cordialmente
Luisa Calimani
Padova 9, giugno 2006