TORRI GREGOTTI A SAN CARLO E “REFERENDUM”.
Il “Gregotti” una colata di cemento, il referendum una presa in giro

L’assessore Scortegagna, mandato avanti a coprire le scelte di Mariani, in conferenza stampa, ha tentato di giustificare il pasticcio del referendum sui torrioni a San Carlo. Legambiente, per bocca del presidente Sergio Lironi non può che rimettere i puntini sulle i.

“Un vero progetto di sistemazione e riqualificazione di tutta l’area centrale del quartiere dell’Arcella non è mai stato elaborato dal Comune, eccezion fatta per il progetto Gregotti presentato negli anni Ottanta, quando in tutta Italia ancora furoreggiava la moda delle squadrate megacostruzioni razionaliste (alcune delle quali oggi demolite o in procinto di esserlo), parti costitutive di una ideale città-fabbrica ed effimero monumento alla potenza della civiltà delle macchine. Il progetto attuale non ha in realtà nemmeno il coraggio di riproporre integralmente il sogno visionario di Gregotti, che disegnava una piazza metafisica circondata da un continuum edificato, con edifici-ponte a scavalco di via Tiziano Aspetti e con una cortina edilizia che – elogio dell’autonomia della vita civica  rispetto alla presenza religiosa – nascondeva la vista della Chiesa di San Carlo.

 

Ma soprattutto il progetto attuale risente pesantemente del fatto di essere stato ideato e proposto da un privato, a cui di fatto interessa edificare un’area (in parte privata in parte pubblica) già destinata dal Piano Regolatore vigente a verde pubblico, costruendo alcuni fabbricati – nell’area ad est di via Tiziano Aspetti – ed elevando una nuova torre, che fa il verso a quella realizzata sull’area ex Sangati come primo ed unico stralcio dell’originario progetto Gregotti. Per ripagare il Comune della Variante urbanistica appositamente concessa, il privato propone di cedere ad uso pubblico una parte dei locali realizzati al piano terra dei fabbricati, certamente utili per le attività del Consiglio di Quartiere, ma decisamente poco significativi dal punto di vista architettonico e simbolico e quindi incapaci di qualificare la costruzione come nuova centralità urbana.

 

Né io, né Luisa Calimani, che insieme Legambiente e CGIL, da più di un anno proponiamo soluzioni diverse per san Carlo, abbiamo mai negato l’opportunità di coinvolgere i privati in un’operazione che ovviamente implica il reperimento di ingenti risorse finanziarie. Ma una corretta gestione della cosa pubblica richiederebbe che l’iniziativa progettuale partisse dal Comune e non dal privato. E’ il Comune che dovrebbe prioritariamente valutare – attraverso un reale processo partecipativo – le effettive esigenze dei cittadini e le priorità d’intervento. E’ il Comune che sulla base di detto processo partecipativo (che non si può banalizzare proponendo, all’ultimo momento, una “Consultazione” a cui rispondere con un sì o con un no) dovrebbe indire un concorso di progettazione che veda come centrali, anche dal punto di vista della rappresentazione architettonica e dell’organizzazione spaziale, le funzioni pubbliche ed i servizi richiesti dai residenti (la piazza, il Centro Civico, una mediateca, e – perché no – un teatro, una sala spettacoli, un Auditorium,…) e che sappia contestualizzare l’intervento come fattore essenziale per la riqualificazione di un più ampio contesto urbano (il che implica un preventivo attento studio della genesi e della morfologia del quartiere, delle problematiche del traffico e della accessibilità, dell’impatto ambientale,…).

 

Individuato l’effettivo interesse pubblico del programma d’intervento e selezionato il progetto più rispondente alle aspettative del quartiere e di più elevata qualità architettonica, diverrebbe possibile aprire una seria trattativa con i privati (anche con quelli che hanno acquistato il palazzo ex Totip), ai quali – com’è naturale – andranno riconosciuti equi (non astronomici) margini di profitto. Nella situazione attuale il rapporto appare del tutto rovesciato: l’iniziativa è del privato, che disegna la forma e l’immagine di un punto nevralgico della città, mentre il Comune gioca di rimessa in posizione subalterna cercando di ricavarne qualche marginale vantaggio quale contropartita delle volumetrie concesse,.

 

E non ci si dica che non c’è il tempo! E’ da più di un anno che il progetto della nuova torre è stato presentato in Comune. Se ve ne fosse stata la volontà, a quest’ora avremmo già i risultati del concorso di progettazione e si potrebbe procedere alla stesura della convenzione con i privati per la realizzazione di un’opera che non sorge certo ai margini della città. Un’opera che – se rispondente ai bisogni degli abitanti e se di alta qualità estetica oltre che funzionale – potrebbe segnare l’inizio della effettiva costruzione di una città multipolare, in cui le nuove Municipalità abbiano qualità urbana e capacità attrattive concorrenziali con quelle del Centro Storico”.

 

                                         Sergio Lironi  – Presidente Legambiente Padova