Alla Guizza il laboratorio di quartiere è indispensabile

Per la maggioranza degli abitanti della Guizza il metrotram significa, oltre che vedere le ruspe e vivere i disagi dei cantieri, intuire che ci saranno probabili miglioramenti dal punto di vista della viabilità, meno macchine in transito ed una serie di modificazioni estetico-funzionali quali fermate con pensiline griffate, attraversamenti pedonali semaforizzati, ecc.
Per molti vuol dire anche comprendere che la scommessa del tram può essere più sostanziosa e riguardare in generale la riqualificazione del proprio quartiere, la sua dotazione di verde, di spazi di incontro come possono essere nuove piazze, di ricollocazione dei servizi pubblici, un ri-cambio di esercizi commerciali che si ridistribuiscono nel tessuto urbano modificato dalla nuova viabilità e dalla dotazione di parcheggi. In una parola che il tram può non significare solo una rotaia più o meno innovativa dal punto di vista ingegneristico, ma il nuovo volto di un quartiere.
Di tutto questo vorrebbero discutere molti degli abitanti della Guizza che da mesi – anzi quasi un anno – chiedono all’amministrazione di poterlo fare. Lo hanno fatto anche a luglio quando, inascoltati, hanno inviato oltre 500 firme che non esprimono un “no”, ma chiedono l’avvio di un laboratorio di confronto ed idee.
Nell’autunno 2004, alla notizia che i cantieri del metrotram avrebbero abbattuto oltre 12 platani del viale finale di via Guizza, ci fu una sollevazione di residenti, la costituzione di un comitato e l’obiettivo raggiunto di fermare metà circa degli abbattimenti previsti.
Una battaglia che Legambiente non condivise, perchè riteneva che la costruzione di una corsia del tutto dedicata al tram fosse prioritaria per evitare al nuovo mezzo la possibilità di rimanere imbottigliato nel traffico.
Ma a quel comitato ci siamo avvicinati, sono stati molti gli incontri di lavoro e valutazione su temi specifici come gli alberi, o generali su come può diventare un quartiere cui manca una identità. Per quanto riguarda la dotazione di alberi abbiamo ragionato su una possibile compensazione rispetto a quelli abbattuti, per esempio una nuova piazza Cuoco alberata, ma anche di come una prima fase di sperimentazione del metrotram potrebbe risparmiare quasi tutti gli alberi di via Guizza. Abbiamo invece pienamente concordato sulla necessità di nuove piste ciclabili ed itinerari protetti per i ciclisti, di attraversamenti pedonali protetti, di sensi unici, di ricollocazione di posti auto, di un quartiere non più attraversato dal traffico improprio dei city user. Consapevoli che queste non fossero le idee di altre componenti sociali del quartiere, abbiamo chiesto l’istituzione di un laboratorio di quartiere, che vedesse l’invito a partecipare ai lavori, oltre che ai due comitati di residenti esistenti, anche alle associazioni di categoria, alle parrocchie e alle associazioni sociali e sportive e che fosse guidato da facilitatori dei lavori di gruppo. Un percorso che coinvolgesse anche i tecnici del Comune per ricomporre conflitti o per disegnare scenari alternativi sui quali svolgere dei sondaggi.

Ma ottenere questo percorso di democrazia partecipativa fin qui è stato impossibile.
L’assessore alla partecipazione ai primi di aprile si era assunto l’impegno pubblico di avviare il laboratorio, ma è scomparso come interlocutore senza avviare alcun progetto.
L’assessore alla mobilità, sostenendo che non poteva cedere agli interessi particolari di chi voleva la chiusura al traffico della via (?), non ha capito che questi problemi gli si ripresenteranno identici fra pochi mesi anche nella zona nord della città e che si tratta di dare vita ad un luogo di confronto vero fra più parti. Per l’amministrazione una risorsa piuttosto che un conflitto da gestire a suon di delibere. Il Presidente di quartiere, invece di impegnarsi per giocare il proprio ruolo come catalizzatore nel coinvolgimento delle comunità locale, preoccupato di un ridimensionamento delle sue funzioni, ha risposto negativamente persino alla richiesta degli uffici comunali che chiedevano uno spazio in zona per aprire un atelier pubblico sul tema tram ed arredo urbano, asserendo che non si possono concentrare le esigue risorse del quartiere sul solo problema tram.
Di fatto quello che poteva diventare una esperienza pilota in città, richiamandosi a pratiche innovative di urbanistica già sperimentate all’Italia e all’estero, rischia di chiudere prima ancora di nascere. Democrazia partecipativa significa assumere che una comunità locale è esperta rispetto ad un problema, che può escogitare soluzioni innovative perchè toccata da vicino quotidianamente e che proprio per questo bisogna metterla in condizione di poter ragionare ed essere ascoltata, concedendole tempo, risorse ed informazioni in un confronto costruttivo con i tecnici.
Democrazia partecipativa significa cedere porzioni di potere alla comunità su temi specifici sostanziali. Ma nulla di tutto ciò sta accadendo a Padova.

Legambiente Padova