Del muro e dei diritti

Il muro è una delle metafore più forti della nostra epoca. I muri che dividono le civiltà e che separano le persone. I muri che non distinguono, che non permettono di cogliere la specificità delle persone, di ciascuna persona. Padova, quest’estate, è diventata la città del “Muro”. Un muro che non è un manufatto, ma un’ideologia. Non si spiega altrimenti l’interesse mondiale – letteralmente – per “il muro” tirato su tra via Anelli e via De Besi.
Un muro – una staccionata, una recinzione, un filo – non importa di quale dimensione sia, rappresenta un confine, delimita uno spazio, un territorio e il muro di Padova ha scatenato i sentimenti – risentimenti- profondi di chi non riesce ad accogliere e reagisce con la paura o con la forza. Sappiamo bene che non ci sono muri forti abbastanza per annullare le paure delle invasioni. Nemmeno la muraglia cinese ha salvato l’imperatore dal suo declino.
C’è un solo modo per far passare la voglia di “muro” ed è quello dell’affermazione dei diritti. Il diritto di essere vivo, il diritto di vivere una vita decente, in diritto di potersi chiudere in una casa, il diritto di camminare per strada, il diritto di essere curato, il diritto a un lavoro, il diritto di essere libero.
In via Anelli esiste un problema di ordine pubblico da almeno 15 anni. Qui l’ingordigia di pochi ha reso la vita impossibile a molti. L’amministrazione comunale sta attuando un piano di recupero che dovrebbe togliere ossigeno alla criminalità. Credo sia necessario portare a termine questo piano senza costruire separazioni, ma creando occasioni d’incontro, di conoscenza, ponti per integrare le persone.

 

dg