Este. Due secoli di storia e immagini

Impreziosito da un apparato iconografico ricercatissimo, elegante e di rara cura, vero regalo alla bellezza, alla memoria e al territorio storico veneto esce alle stampe questo volume di Francesco Selmin dedicato ad una città veneta alla quale ha regalato trent’anni di studi, ricerca, libri,impegno culturale e civile e persino una importante rivista di storia, “Terra d’Este”, che da vent’anni, sotto gli auspici del Gabinetto di Lettura, coordina e dirige.
 

Nuove interpretazioni e il rinnovarsi di suggestioni antiche permeano questo volume che esprime di Este una lettura che in queste pagine non appare appiattita su nulla, ma è vero e proprio servizio alla pluridimensionalità: città di mura, castelli, echi, silenzi, nebbie, acque, colli, palazzi, architettura, storia, ma anche di percorsi umani, passioni, passaggi e industria, affari, politiche, urbanistica, economia, buone e pessime amministrazioni, cave e cemento, scelte, contrapposizioni, interessi, quotidianità, volgarità, tragedie, “schei”.

Piccolo diamante di mille sfaccettature, questo lavoro storico di Selmin, nella levigata pacatezza del suo scrivere, non è per nulla innocuo nell’additare le piaghe aperte di una dimensione e sfiora ogni volta che può il turbinoso oggi, con il raro pregio di non arretrare innanzi alle complessità diluendole nelle semplificazioni e nelle scorciatoie analitiche.

Suggestiva davvero, e posta all’inizio del volume e con un sentore di umano coinvolgimento, la pagina dedicata alle cacce dei tori che si praticavano ad Este come in altre città della Repubblica di Venezia (ma anche a Siena, a Roma, ecc.,) che mi pare  non abbiano mai ricevuto l’attenzione di ricerca e la curiosità intelligente che Selmin esprime in queste righe sparigliando con un sol gesto il vuoto bibliografico in tema, da storico di razza.

La “vera” immagine della storia,  scriveva il mio amato Walter Benjamin, “passa di sfuggita”, “balenante per un attimo”,  e di cui lo studioso “si dispera” di riuscire ad impadronirsi  – nel suo “balzo di tigre nel passato”.
 

a cura di Gianni Buganza