"Aps è in perdita continua, la fusione con Busitalia è la sua unica salvezza". Con queste motivazioni veniva portata lo scorso marzo in consiglio comunale la fusione Aps BusItalia e con le stesse motivazioni sta per essere riportata ora.
Ma se a marzo la maggioranza almeno organizzò un’assemblea pubblica nella quale si esponevano le linee principali della fusione, dei nuovi accordi non si sa assolutamente nulla: insomma, Bitonci si sta comportando come si comportò Zanonato all’epoca della fusione Acegas Hera: mantendo la città all’oscuro delle decisioni che si stanno prendendo sulla pelle di tutti. Non solo: Rossi a marzo sosteneva l’urgenza della fusione dicendo che da lì a qualche mese si sarebbero tenute le gare (cosa ancora non successa) oggi Bitonci sta utilizzando la stessa argomentazione di Rossi.
Legambiente vuole quindi fare chiarezza, evitando che un pezzo importante della città venga svenduto con danni difficilmente riparibali. Il leitmotiv degli ultimi mesi è stato quello di presentare APS come un colabrodo del quale bisognava liberarsi il prima possibile. Non è così: il dossier di Legambiente mette in fila i conti di APS. Da questa analisi emergono le seguenti informazioni:
– il buco di APS è fittizio: i soldi che APS ha di debito li ha tutti nei confronti del Comune di Padova, ma non per attività, bensi per canoni: ovvero concessioni che l’azienda di proprietà del Comune deve pagare al Comune stesso! Sostanzialmente si tratta del meccanismo di scatole cinesi: in realtà si può dire che negli ultimi quattro anni APS ha generato entrate al Comune per quasi 8 milioni di euro.
– APS è un’azienda virtuosa per quanto riguarda il recupero di fondi dalla tariffazione: col 42% in Italia siamo dietro solo a Bergamo (45%) e praticamente a pari merito con Prato (42.85%).
– La Regione Veneto finanzia il tram in maniera non idonea: se si allineasse ad altre regioni (come la Lombardia) anche il buco fittizio non esisterebbe
– Busitalia ha i conti in ordine rispetto ad APS? Quello che è certo e che ha tariffe molto più alte: fusione vuol dire aumento dei biglietti?
– Nell’ultimo decennio la peggior perdita di Aps è stata la svalutazione di Infracom eredita di Giustina Destro e Forza Italia, della quale non è stato possibile liberarsi perchè sul mercato non c’erano acquirenti disposti a comprare quote di una società cronicamente in perdita
Tutte queste considerazioni sviluppate nel dossier dimostrano che APS in realtà è un’azienda sana, forte di un capitale di 49.000.000 di euro interamente versaro (contro i 25.000.000 di Bus Italia). È lecito quindi pensare che APS possa puntare al 51% della nuova società, mantenendo il controllo del Comune sul trasporto pubblico locale.
Purtroppo è difficile fare altre valutazioni su un processo di cui è trapelato molto poco.
La proposta portata in Consiglio a marzo aveva dei forti elementi di criticità ma quantomeno era stata presentata in una commissione aperta al pubblico. Allora la decisione venne rinviata: alla luce di quanto emerge dal dossier e del fatto che un’operazione così importante non è stata presentata alla città chiediamo che la discussione vada in Consiglio solo dopo essere presentata alla città ed eventualmente ridiscussa.
L’elemento di criticità maggiore all’epoca fu che l’operazione si basava sulla promessa di Chisso di non tagliare i contributi nonostante un taglio dei chilometri. Che ne è di questa promessa: sono rimaste le parole di Chisso o è stata tramutata in un atto formale?
Se lecitamente non si vuole conferire il tram per poterlo affittare a chi vincerà l’appalto, perché non pensare di conferirlo aumentando così il proprio valore mantenendo il controllo della nuova società? E i bus verranno conferiti o meno? Quanto chilometri verranno tagliati?
Tutte domande a cui deve venire data una risposta, in particolare da chi nove mesi fa votò contro questa fusione e oggi vuole approvarla senza veri miglioramenti e che non può nascondersi dietro il formale aumento della società da 44 a 45%. Che nella sostanza non va a cambiare nulla per il futuro del trasporto pubblico padovano se non la perdita di 700.000 euro annui dovuta ai minori canoni d’affitto. Se davvero la cifra fosse questa non sarebbe meglio perdere qualche punto percentuale (tanto nella sostanza non cambia nulla) per recuperare qualche milione di euro in più in mobilità sostenibile?