Immaginare una globalizzazione “di sinistra”

Federico Rampini, nel suo nuovo saggio (Alla Mia Sinistra, Mondadori) ci offre una panoramica sulla globalizzazione, uno sguardo sull’ occidente in crisi e sulle nazioni emergenti. Dopo il suo continuo peregrinare, da cui sono nati i sui precedenti saggi su Cina, India e America, Rampini cerca di tirare le somme di questa sua esperienza cosmopolita, in cui ha potuto vedere con i propri occhi le rovinose cadute della globalizzazione e del capitalismo privi di regole.

Rampini riflette sulle responsabilità delle destre (americana in testa) e sulla latitanza delle sinistre che ci hanno portato all’ attuale Grande Contrazione. Dal binomio Reagan-Thatcher in poi, le destre hanno propugnato e reso egemone un’ideologia economica che, lasciando totalmente liberi da vincoli i grandi finanzieri e le grandi banche, ha portato alla Grande Contrazione odierna. I rappresentanti di questa ideologia sono gli stessi che premono perennemente sul Congresso statunitense affinché non adotti o non inasprisca leggi per la salvaguardia dell’ ambiente. Ma Rampini è anche pronto a fare un mea culpa, come rappresentate di quella sinistra che ha avuto l’ illusione di poter usare politiche di destra per fare cose di sinistra, la sinistra di Bill Clinton e Tony Blair.

L’ autore ci offre poi un confronto tra vari paesi, vari modelli di sviluppo, che in modi diversi tentano di dare delle risposte.

Il confronto tra Cina e India ci può far riflettere sul concetto di democrazia. Il modello cinese, come è oggi, non potrà mai essere ben visto da noi occidentali per le sue lacune riguardanti i diritti umani. Ma la Cina ha ottenuto più successi dell’ India, che è una democrazia, nello strappare dalla povertà milioni di persone. Il che non è poco in quanto a diritti. Riportando il pensiero di Amartya Sen, Rampini ci vuole mostrare come la democrazia sia un buon metodo, che però va riempito di contenuti, pena la sua inefficacia.

Altro paese sui cui Rampini focalizza il suo sguardo è il Brasile. L’ ex Presidente Lula è riuscito, adottando un modello sociale in cui le diseguaglianze vengono combattute attraverso interventi dello stato (l’ indice Gini scende da otto anni), ad ottenere tassi di crescita invidiabili. Il Brasile prova a fare innovazione anche nelle questioni ambientali, nonostante i noti problemi della deforestazione, con i biocarburanti come il bioetanolo da canna da zucchero (bioetanolo “buono” in quanto i terreni coltivati a canna da zucchero non sono idonei alla coltivazione di cereali, quindi non si crea quella concorrenza tra destinazione alimentare o energetica delle derrate agricole che si crea per i biocarburanti ricavati da cereali).

Quello che in ogni caso il successo dei Brics ci dimostra è che l’ ideologia della deregolamentazione non è per forza quella vincente, infatti questi paesi non hanno rinunciato a porre dei paletti per regolare l’ economia. L’ India, ad esempio, ha limitato rigorosamente il mercato di futures e derivati sulle materie prime agricole e la Borsa di Mumbai è all’ avanguardia nel porre freni alla speculazione. La riflessione sui Brics è anche un invito ad assorbire un po’ del loro ottimismo, non per illudersi, ma per trovare la forza di immaginare qualcosa di nuovo.

Altro confronto che può essere illuminante è quello tra Germania e Usa. La Germania, con il suo forte stato sociale, sembra che stia superando molto meglio la crisi rispetto agli Usa. Il “Modell Deutschland”, cioè forti sindacati e alti salari, “ha costretto il capitalismo tedesco ad investire in ricerca, innovazione, qualità, ambiente”. Nonostante tutto gli Usa rimangono un laboratorio di idee, come ha dimostrato la rivista “The Nation” lanciando un dibattito col fine di reinventare un capitalismo più responsabile a livello sociale e ambientale.

Non manca l’ Italia “volgare e gaudente”. Un’ Italia che avrebbe capacità, ma sclerotizzata. Interessante è il racconto su Mind the Bridge, incubatore di impresa che ospita negli Usa alcune start-up italiane. Esposte all’ ambiente stimolante della Silicon Valley, queste proto-imprese hanno dimostrato di avere idee innovative. Ad esempio la Minteos, fondata da Marco Brini, ha sviluppato una tecnologia per il monitoraggio ambientale attraverso sensori wireless.

In conclusione, Rampini ritiene che all’ egemonia culturale conquistata dalle destre anti-stato si debba opporre la socialdemocrazia di Germania e Brasile, unica alternativa credibile al modello ultraliberista americano ed al capitalismo di stato cinese. Ciò non significa però difendere i vecchi “carrozzoni” dello stato parassitario, la Germania infatti è stata spietata anche nel tagliare gli apparati statali inutili.

Davide Gobbo, redazione di ecopolis