Le ombre sull’urbanistica

Asfalto che ride.
I perni scelti dall’Amministrazione Comunale nel campo della viabilità sono il Gra (Grande raccordo anulare) e l’Arco di Giano alla lunga favoriranno proprio traffico e inquinamento atmosferico. E’ noto da decenni, infatti, che dopo pochi dalla loro costruzione, le nuove strade, teoricamente costruite per decongestionare il traffico, finiscono attirarne di nuovo. Più o meno dieci anni fa Zanonato diceva che una volta completato l’anello delle tangenziali si poteva intervenire per bloccare il traffico d’attraversamento della città dirottandolo sulle tangenziali. Adesso l’anello e completo ma si preferisce rimandare al futuribile Gra per far questo.
Manca, sembra, la volontà di limitare il traffico in entrata in città, (oggi sono 290 mila spostamenti giornalieri su auto di pendolari provenienti da fuori – cosiddetti city user) che sarebbe realizzabile con l’obbligatorietà di lasciare l’auto in parcheggi scambiatori da realizzare all’inizio delle radiali che in città, serviti da un trasporto pubblico potenziato. Questa è un’alternativa – meno costosa e più ecologica – al Gra, la cui realizzazione, invece distoglie risorse da questi progetti. Pensare al Gra come soluzione dei mali della mobilità, poi, significa continuare a ragionare in termini di primato della gomma anche rispetto ai grandi trasferimenti di merci. Senza contare, infine, che le grandi strade diventano automaticamente la calamite di speculazioni e lottizzazioni sui territori adiacenti.
Per quanto riguarda l’ Arco di Giano, confermare il passante dell’Arcella, quando ormai è funzionante anche l’ultimo tratto di tangenziale nord che permette al traffico di aggirare il quartiere, significa invece inserire una cesura irrimediabile fra centro e nord di Padova, fatta oltre che di asfalto di un fiume di auto che andranno da est ed ovest della città transitandovi in mezzo.
Anche confermare la costruzione della nuova via Guizza ci lascia perplessi. Significa rendere inutile il parcheggio scambiatore della Guizza perché proprio di fronte al suo ingresso partirà una strada a veloce scorrimento che darà l’illusione di poter accedere in centro senza problemi, salvo poi spostare il problema al Bassanello.
Dopo la variante urbanistica Mariani – Riccoboni continua lo stillicidio di nuove edificazioni
Soprattutto negli ultimi cunei verdi rimasti a Padova. Tra l’altro ne risulta particolarmente penalizzato il progetto di realizazione del parco del Basso Isonzo. Doveva essere il primo grande polmone verde di Padova, rischia di nascere poco più di un giardino attrezzato. Né daremo conto in un prossimo numero speciale.
Auditorium localizzato nel posto sbagliato
Tutti gli studi commissionati dal Comune (Piccinato, Gambino, tra i molti…) hanno chiaramente indicato nei loro piani la centralità del sistema delle acque e delle mura cinquecentesche per il recupero e la valorizzazione della storia e dell’immagine della nostra città. Studi che individuano, ai fini della ricostruzione di un sistema integrato fiume-verde-mura urbane, la posizione strategica e quindi il ruolo essenziale della fascia di verde compresa tra le Porte Contarine ed il Roncajette, in quanto potenziale sistema connettore tra i residui spazi aperti della città densa ed il verde periurbano: un sistema in cui è essenziale il recupero ad area verde di piazzale Boschetti. Il progetto di Gambino arriva persino a definire puntualmente gli indirizzi per la riconversione a verde pubblico dell’area di piazzale Boschetti, salvaguardando le palazzine novecentesche e disegnando un viale ciclopedonale di sponda dotato di alberature di alto fusto, “di grande riconoscibilità visiva”, dal quale «si distaccano in modo radiocentrico filari alberati di essenze diverse», tali da configurare spazi verdi diversamente attrezzati.
Questo disegno organico di ricomposizione figurativa e funzionale di un’area vitale per la città storica viene del tutto ignorato e brutalmente contraddetto dalla scelta di costruire l’auditorium in Piazzale Boschetti.