All’indomani della pubblicazione su Ecopolis n. 154 di "Decalogo per la moschea" scritto dal prof. Stefano Allievi (clicca qui per rileggerlo) ci sono giunte alcune repliche da parte di lettori. Pubblichiamo i primi capoversi di quella di A. B., centrata sul tema moschea, per poi spaziare su temi quali diritti, paura, terrorismo, e la prima parte della successiva replica del prof. Allievi. Per leggere interamente le chiose di A. B. e la replica di Allievi clicca qui.
Ecco come esordisce il nostro lettore:
Vorrei chiosare il Decalogo del prof. Allievi, perché mi è parso cogliere solo alcuni aspetti del problema "moschea". Per replicare seguirò il suo elenco.
2) I diritti. Ad essere precisi l’art. 8 della Costituzione non si limita a riconoscere la libertà di culto, ma la regola. Al comma 2 si legge: " Le confessioni religiose, diverse dalla cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano". E al comma 3 si recita: "I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze." I diritti dunque non si regalano, ma vanno sottoscritti assieme ai doveri. Mi chiedo e chiedo al prof. se l’ass. Rahma ha sottoscritto quella Carta dei Valori… accettata da molte organizzazioni islamiche in Italia, ma rifiutata dall’UCOII.
Se il prof. Allievi dimentica questi punti, il suo è un giudizio parziale e da questo punto in avanti il suo ragionamento lo conduce a conclusioni non condivisibili.
3) il luogo. Se ci sono norme urbanistiche che gli italiani sono tenuti a rispettare, non si capisce perché ciò non debba valere per islamici, buddisti, zoroastriani, indù, animasti, Dianetics….. Se il prof. Allievi vuol concedere dei privilegi ad un gruppo in particolare, allora li proponga in campagna elettorale, raccolga i voti necessari e proceda democraticamente. Ben sapendo però che altrettanto democratico è opporsi chiamando il corpo elettorale a esprimersi. Mi aspetto che il prof. Allievi si candidi alle prossime amministrative padovane. (la lettera prosegue sui temi dei costi, il controllo sociale, il terrorismo, i rappresentanti, la paura, clicca qui per leggere tutto).
Ecco l’esordio della replica di Stefano Allievi:
Caro lettore, rispondo volentieri alle sue puntualizzazioni allo scopo di approfondire un dibattito che credo possa interessare anche altri. Lo farò con un tono più pacato e meno polemico rispetto alla lettera che mi è pervenuta. Anche se, come vedrà, sarò altrettanto diretto e franco. Perché da studioso sono preoccupato, e da cittadino sono indignato, per troppe pseudo-verità che alcuni interessatamente ci propinano e che noi troppo facilmente prendiamo per buone. Vediamole, punto per punto.
I diritti. La ringrazio di aver citato la Costituzione. Troppi, in questo periodo, e su questi argomenti, ne dimenticano anche l’ABC. Lei ricorda giustamente che i doveri, insieme ai diritti, vanno sottoscritti. Bene, vediamoli nel concreto.
Il sistema italiano di rapporto tra Stato e comunità religiose fa sì che ci sia un Concordato, diciamo un trattamento di favore per la comunità non solo maggioritaria e più radicata, ma anche più legata alla storia e alla tradizione del paese, cioè la Chiesa Cattolica, e un sistema di Intese con le altre comunità religiose. Un sistema analogo lo ha anche la Spagna.
Il rapporto con la Chiesa è regolato fin dai Patti Lateranensi, inglobati nella Costituzione. Per le Intese si è dovuto aspettare il nuovo Concordato siglato dall’allora Presidente del Consiglio Craxi (…). Eravamo nel 1985. Da allora sono state firmate altre Intese: con gli Ebrei, innanzitutto, dopo tutto presenti in Italia ancora prima dei Cristiani (la sinagoga di Roma è più antica delle catacombe…), ma anche Avventisti, alcune chiese Pentecostali, Luterani ed altri. Altre intese, firmate nel periodo del governo D’Alema (con buddisti e Testimoni di Geova), non hanno ottenuto la ratifica del Parlamento. I musulmani, per molti motivi, che sarebbe lungo approfondire qui, ma in parte significativa non dipendenti dalla loro volontà (tanto è vero che negli anni sono state depositate, da varie organizzazioni, tre bozze di Intesa) ancora non ce l’hanno.
In parallelo, per garantire almeno alcuni diritti minimali alle comunità religiose che non dispongono di Intesa (presenza in ospedali e carceri, problemi di inumazione, ecc.), giace da anni nei cassetti di varie commissioni parlamentari una proposta di legge sulla libertà religiosa, più volta discussa ed emendata ma mai diventata legge.
Per l’Islam, a somiglianza di quanto fatto da altri paesi (Francia e Belgio, ad esempio), il ministro dell’Interno Pisanu ha ritenuto di voler costituire una Consulta, nominandone lui stesso i membri (che non sono eletti, quindi, come invece avviene nei paesi citati). La Consulta è stata confermata dal ministro Amato (…). La Spagna (…) ha deciso di firmare, fin dal 1992, un’Intesa (Acuerdo) con due federazioni di organizzazioni islamiche. In altri paesi l’Islam è trattato come le altre minoranze religiose, ricevendone gli stessi benefici, con la garanzia dei medesimi diritti, e l’ottemperamento dei medesimi doveri; in altri ancora, no.
La Carta dei Valori – un documento di richiamo ad alcuni valori fondamentali del nostro patto sociale – nasce come un tentativo recente, molto discusso e moltissimo criticato innanzitutto dai giuristi, di inventarsi ‘qualcosa’. La prima critica è di principio: perché solo i musulmani dovrebbero firmarla? Perché non le altre comunità religiose? E perché non i laici, i partiti, le associazioni? Perché solo gli stranieri e non i cittadini? Dopo queste prime critiche, si è deciso di estenderla anche ad altre religioni. Ma non c’è nessun obbligo di doverla firmare (…). Anche perché la Carta pone altri problemi: c’è già la Costituzione, come patto fondativo. Perché ad alcuni, e solo ad alcuni, inclusi i cittadini italiani di quella confessione religiosa, si dovrebbe chiedere di firmarla?
Detto questo, devo comunicarLe che l’Associazione Rahma, che ha sempre espresso consenso rispetto alla Carta, l’ha anche ratificata formalmente. Non solo: persino l’Ucoii, di cui si dice e scrive e ripete che l’ha rifiutata, ha invece deliberato la sua ratifica, in data 8 luglio 2007. Solo che nessuno l’ascolta. In proposito può utilmente andare sul sito http://www.islam-ucoii.it/ dove potrà lodevolmente trovare, in uno sforzo di trasparenza che va quanto meno sottolineato, tutti i documenti, incluso il testo della Carta, di cui tutti parlano ma quasi nessuno (nemmeno lei, credo, e certamente non i promotori del referendum) ha mai letto.
Infine, l’Associazione Rahma non ha mai fatto parte dell’Ucoii. Peraltro, da molti anni esiste una moschea a Padova, a Pontevigodarzere, affiliata all’Ucoii, che non ha mai creato un singolo problema alla comunità locale, e convive pacificamente con la parrocchia antistante.
In sintesi: i musulmani non hanno nessun obbligo di firmare la Carta dei Valori, che secondo molti sarebbe, in quanto obbligo, persino incostituzionale. Tuttavia l’hanno firmata ugualmente: facendo, con questo, un atto di lealtà ulteriore, che né a noi autoctoni non musulmani né agli immigrati di altra religione è richiesto. E ciononostante vengono criticati per non averlo fatto.
Come vede, quindi, non dimentico nulla. E quindi il ragionamento che conduco da qui in avanti, che lei dice non terrebbe perché ne manca il fondamento, rimane ben saldo al suo posto.
Il luogo. Ha ragione: le norme urbanistiche valgono per tutti. E infatti vengono rispettate. Non si tratta di concedere privilegi. Ma sa benissimo che quando un’amministrazione decide, ad esempio, l’allocazione di una sede, o anche di risorse finanziare, a questo o quel soggetto religioso, politico, associativo, e persino privato, agisce nella sua legittima discrezionalità. E mai una volta si è richiesto un referendum su questo. Per dire: l’associazione che doveva condividere, secondo il progetto originario, l’area della futura moschea, ha ricevuto un cospicuo finanziamento da un ente pubblico. E così per centinaia di altri casi: inclusi i finanziamenti alle Chiese Cattoliche. Può essere giusto o sbagliato, ma è un atto che rientra nella discrezionalità del decisore pubblico. A quando la raccolta di firme di chi non è d’accordo? Ma è convinto che funzioni così la democrazia? Provo a rovesciare il suo ragionamento (…)
Il contributo del prof. Stefano Allievi prosegue confrontandosi sui temi dei costi del controllo sociale, del terrorismo e paura, con alcune citazioni di quanto dichiarato a mezzo stampa da Leonardo Padrin della CdL. Per leggere il testo completo clicca qui.
sintesi a cura di A.N.R.