Pedaggio urbano, chi ci guadagna a Padova

Il 50% dei lavoratori dipendenti che oggi a Padova usa il trasporto pubblico lo sceglie per ragioni economiche, perché è l’opzione meno costosa per arrivare al lavoro. E’ la risposta fornita alla ricerca del Comune di Padova del dicembre 2004 sugli spostamenti casa-lavoro.
Ma se osserviamo gli autobus ci accorgiamo che altri utenti sono studenti, pensionati, stranieri, tutte categorie con redditi contenuti. A loro è riservato un trasporto pubblico padovano che continua ad avere la velocità commerciale più bassa del Veneto, con tempi di percorrenza da capolinea a capolinea che negli ultimi 4 anni sono aumentati in media del 20% e finanziamenti regionali irrisori se paragonati alle altre regioni del nord Italia, fermi al 1996.
Saranno dunque loro, i meno abbienti, già utenti, i primi beneficiari delle politiche di road pricing, il pedaggio urbano per entrare in città. A cui andranno aggiunti nuovi utenti di un trasporto pubblico di qualità. Perché gli introiti del pedaggio sono ad esclusivo vantaggio del rilancio del trasporto collettivo. Anche una grande capitale come Londra non si sarebbe mai potuta permettere un ricavo netto di 74 milioni di euro da quando ha introdotto nel 2003 il pedaggio urbano, tutto investito in autobus, ciclismo e pedoni.
Il road pricing viene definito come “la tariffazione sull’uso dell’infrastruttura finalizzata a ridurre la congestione e ad internalizzare le esternalità”. In altre parole è la risposta per una vecchia domanda “Chi paga per l’inquinamento atmosferico prodotto dal traffico?” Attualmente a pagare è la collettività in termini di aumento dei ricoveri ospedalieri per complicanze al sistema respiratorio, giornate lavorative perse, malattie respiratorie infantili che si cronicizzano, aumento della mortalità correlabile ai picchi di PM10.
La politica del road pricing, applicabile con tecnologie tipo Telepass, consente di perseguire due tipi di obiettivi. I primi sono quelli ambientali di lotta all’inquinamento, legati alla riduzione del traffico e al cambiamento degli stili di vita: si regola il flusso veicolare con elasticità, si portano gli utenti a selezionare gli spostamenti secondo l’utilità e ad ottimizzare l’uso dei veicoli, incentivando il car pooling. Ma contemporaneamente consente di incrementare le entrate della pubblica amministrazione per autofinanziare interventi sul sistema dei trasporti.
A Singapore esiste da 25 anni, in Europa sono le città della penisola scandinava ad applicarlo a partire dai primi anni 90: Oslo, Stoccolma e Trondheim, città universitaria norvegese di 160.000 abitanti dove dal 1991 si paga un pedaggio per entrare in città, variabile a seconda della fascia oraria: ogni veicolo che entra in città paga circa 1 Euro e 50 centesimi tra le 6.00 e le 10.00 e la metà tra le 10.00 e le 18.00. I veicoli più grandi pagano una cifra maggiore.
Ma sta prendendo piede anche in Gran Bretagna. Il caso più famoso è quello di Londra, deciso dal Sindaco laburista Ken Livingstone. E’ applicato su un’area di 20 km2 dove vivono 136.000 persone, dalle 7 del mattino alle 6.30 del pomeriggio, dal lunedì al venerdì, ogni veicolo paga 8 sterline (€11,90) al giorno. Ha ottenuto effetti notevoli sull’ambiente e l’economia: riduzione del 18% dei veicoli che entrano nella zona del pedaggio e diminuzione del 30% della congestione, senza alcun effetto avverso al di fuori della zona. Le statistiche sugli incidenti mostrano una tendenza in diminuzione e la riduzione degli inquinanti chiave: PM10, CO2, Nox. Condizioni migliorate per ciclisti e pedoni mentre i viaggi in autobus sono più veloci e più affidabili: la velocità degli autobus è aumentata del 6% e il tempo di attesa è diminuito di un terzo. Il traffico ridotto delle automobili non significa una riduzione delle persone che entrano nella zona, poiché molti hanno cambiato modalità di trasporto.
Il pedaggio urbano può rendere praticabile il diritto alla mobilità per tutti, da non confondersi con il diritto di accesso sempre e comunque con l’auto. Non va pensato per una ristretta zona del centro storico ma commisurato all’area metropolitana, quella dei 400.000 abitanti, quella che vede entrare quotidianamente 292.000 auto in città provenienti da fuori Padova, pari al 56,7% delle auto in movimento.
Se si vuole uscire dalle generiche promesse di rilancio del trasporto pubblico si inizi a ragionare su come reperire le risorse. Il pedaggio urbano è una possibilità, che costringe a ripensare la viabilità (parcheggi scambiatori, linee di forza e corsie riservate), l’urbanistica (policentrismo), gli stili di vita (car scharing e car pooling).
L’altra strada, tutta interna all’economico, è quella intrapresa da vent’anni dai francesi: la tassa di scopo comunale a favore del trasporto pubblico che pagano annualmente le aziende con più di 8 addetti in tutti i Comuni con più di 20.000 abitanti. Sarà forse questo il motivo per cui nelle città francesi grandi come Padova corrono due o tre linee di metrotram moderni dalle periferie più lontane al cuore della città?

Andrea Nicolello, vicepresidente Legambiente Padova