Piano casa 2, il comune ci mette una toppa

Era passata pressoché sotto silenzio la legge regionale n. 13, approvata lo scorso 8 luglio che, prolungandone l’efficacia al 30 novembre 2013, ha modificato le disposizioni del cosiddetto Piano Casa, introducendo alcune liberalizzazioni che contengono un potenziale effetto destabilizzante nei confronti dell’equilibrio del contesto urbano delle nostre città ed in particolare dei centri storici.

Le innovazioni, che maggiormente annidano in sé questo intrinseco pericolo, sono quelle che consentono, con talune limitazioni, di ampliare gli edifici all’interno dei centri storici e di realizzare gli ampliamenti anche con corpo separato.

Il molto criticato Piano Casa, nella versione originaria, aveva escluso i centri storici dall’applicazione della legge e l’ampliamento con corpo separato era consentito solamente per usi accessori e pertinenziali. Ora all’interno degli stessi centri storici sarà possibile ampliare gli edifici su cui il piano regolatore non ha posto un vincolo di tutela (si pensi ad esempio alle casette di stile liberty del primo novecento ed a tutti quegli edifici minori che tuttavia caratterizzano il tessuto storico della città). Sarà inoltre consentito costruire nuovi volumi residenziali all’interno degli scoperti degli edifici esistenti, che magari costituiscono il relitto degli antichi orti della città medioevale. Se poi si pensa al fatto che tali ampliamenti possono essere eseguiti con semplice DIA (Dichiarazione di Inizio Attività), in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici, si ha il quadro esatto del danno che incombe sulla città, per effetto di una spregiudicata legislazione regionale che svende il territorio per promuovere l’attività edilizia.

Non si nega l’esigenza di stimolare la ripresa dell’attività edilizia come volano per la ripresa economica, anche se sarebbe opportuno che la stessa attenzione fosse posta alle attività di produzione prese nel loro complesso, ma vi sono modi meno pericolosi e addirittura positivi per raggiungere questo scopo. Il metodo su cui noi insistiamo è quello di iniziare la ricostruzione delle periferie attraverso piani di ricomposizione strutturale dei rioni, che consentano il miglioramento della qualità energetica e prestazionale degli edifici e garantiscano una migliore funzionalità degli spazi e dei servizi pubblici. Obiettivo che viene, invece, compromesso dal Piano Casa che tende a consolidare il disordine degli insediamenti del dopoguerra.

Ma anche a volere ammettere la necessità di sfruttare l’interesse privato per incentivare l’attività edilizia, non è ammesso che siano sacrificati gli obiettivi di recupero urbanistico e ambientale della pianificazione comunale, sottraendo inoltre allo stesso comune il potere di controllare l’impatto delle trasformazioni edilizie nel contesto urbano.

Bene ha fatto quindi il comune, avvalendosi della facoltà offerta dalla legge, a confermare le modalità ed i limiti di applicazione del Piano Casa del 2009, intervenendo anche, in modo limitativo, nei confronti delle novità introdotte dalla citata L.R. 13/11.

Il provvedimento, che è stato discusso in commissione urbanistica mercoledì scorso, prevede infatti di confermare l’inapplicabilità del Piano all’interno del centro storico anche per le unità edilizie destinate a prima casa (si apprezza per quest’ultima esclusione il coraggio di disapplicare nel merito il dettato della legge regionale). Prevede inoltre di assoggettare gli ampliamenti con corpo separato, così come quelli che riguardano gli edifici realizzati prima del 1942, ad un parere preventivo, confermando l’obbligo per tutti gli interventi di rispettare i limiti di altezza e le distanze previste dalle norme edilizie comunali. Il documento conferma inoltre, ponendo rimedio ad una formulazione contraddittoria della legge regionale, l’inapplicabilità del Piano per gli edifici incompatibili con la destinazione d’uso dell’area su cui insistono.

Un appunto finale: le legge prevede un ulteriore beneficio volumetrico del 15% nel caso in cui sia garantita una prestazione energetica di classe B. Ebbene, in occasione del dibattito sul Piano Casa del 2009, avevamo a lungo sostenuto che le prestazioni energetiche minime (e predeterminate) dovevano essere il presupposto necessario per accedere ai benefici della legge. Come sempre avviene sotto i nostri cieli, si è invece deciso di concedere un’ulteriore contropartita di cemento, da spandere sulla città, per ottenere che gli ampliamenti rispondano ai moderni requisiti di sostenibilità ambientale.

Lorenzo Cabrelle – Legambiente Padova