Quale partecipazione per il nuovo Piano regolatore?

La Provincia ed i 17 Comuni dell´Area Metropolitana Padovana hanno avviato le procedure per l´elaborazione dei PAT, ovvero dei Piani di Assetto Territoriale comunali previsti dalla nuova legge urbanistica regionale (quelli che, più propriamente, molte altre Regioni definiscono come “Piani strategici”), sottoscrivendo nel contempo un accordo programmatico per elaborare congiuntamente un Piano di Assetto Territoriale Intercomunale (PATI) a “geometria variabile” limitatamente ad alcune tematiche di rilevanza comprensoriale, riguardanti in particolare:
a) Sistema ambientale, tutela delle Risorse Naturalistiche e Ambientali e integrità del Paesaggio Naturale
b) Difesa del suolo
c) Sistema dei principali servizi a scala territoriale
d) Sistema relazionale, infrastrutturale e della mobilità
e) Sistema insediativi Attività Produttive
f) Sviluppo e promozione delle Fonti di Energia Rinnovabile.

Purtroppo a tutt´oggi il dibattito su questi nuovi fondamentali strumenti di pianificazione ha prevalentemente coinvolto i soli addetti ai lavori. Eppure le tematiche da affrontare coinvolgono la vita quotidiana e le prospettive di lavoro e sicurezza sociale di tutti i cittadini. Il PAT deve infatti definire i grandi indirizzi di trasformazione economica, sociale e ambientale della città e del suo territorio, promuovendo e realizzando – come precisa la legge – «uno sviluppo sostenibile e durevole, finalizzato a soddisfare le necessità di crescita e di benessere dei cittadini, senza pregiudizio per la qualità della vita delle generazioni future, nel rispetto delle risorse naturali».
Non solo. Il coinvolgimento dei cittadini, delle rappresentanze economico-sociali e del mondo associazionistico (prescritto peraltro dalla stessa legge) è anche, in una società democratica caratterizzata da una pluralità di soggetti ed attori che direttamente od indirettamente condizionano i processi di trasformazione urbana, una delle condizioni essenziali per conferire efficacia ai piani urbanistici. L´elaborazione del piano dovrebbe infatti in primo luogo coincidere con la costruzione di una visione condivisa del futuro collettivo della comunità urbana, attivando un processo di “apprendimento collettivo” ed un processo di crescita del “capitale sociale” che – come afferma Roberto Camagni – deve «avvenire attraverso la promozione della comunicazione, della partecipazione, della fiducia e della cooperazione, ovvero attraverso la mobilitazione di tutta la società civile».
Per queste ragioni, nell´incontro avuto in questi giorni con l´Assessore provinciale all´Urbanistica Flavio Frasson e nelle riunioni della Commissione Urbanistica del Comune di Padova, abbiamo ribadito con forza la nostra richiesta di definire con precisione le forme e gli strumenti del processo partecipativo che dovrà condurre all´elaborazione dei PAT e del PATI. Un processo che riteniamo debba articolarsi su tre diversi livelli.
Il primo tendente a coinvolgere in forma paritetica tutti gli enti e le istituzioni interessate, affrontando le questioni nodali dello sviluppo a scala comprensoriale (città policentrica, riequilibrio degli assetti territoriali e chiusura dei cicli ecologici, blocco delle urbanizzazioni selvagge e dello sprawl urbano, rete dei trasporti collettivi, costruzione di un grande anello verde e salvaguardia del paesaggio e delle attività agricole, …) e non accontentandosi di registrare i punti di non contrasto tra i diversi punti di vista attuali: siamo infatti convinti che solo una forte capacità di visione strategica e di progetto potrà consentire di superare i campanilismi, gli interessi localistici e le resistenze oggi manifestate dai rappresentanti di alcuni comuni.
Il secondo rivolto alla “società civile” nelle sue forme organizzate (associazioni di categoria, sindacati, associazionismo culturale ed ambientale, ordini professionali, Istituti di ricerca universitari, …) attraverso i meccanismi già sperimentati di Agenda 21 (Forum, workshop e gruppi di lavoro permanenti) e con l´individuazione dei tematismi di maggior interesse strategico, tra i quali, sull´esempio di Bologna che ha già avviato il processo partecipativo per l´elaborazione del proprio piano strategico, vi potrebbero essere: a. Ambiente, sostenibilità, agricoltura e sistema del verde; b. Scelte insediative, servizi, qualità urbana e coesione sociale; c. Sistemi produttivi, innovazione e sviluppo; d. Mobilità, infrastrutture, reti tecnologiche ed energetiche.
Il terzo livello finalizzato a garantire una corretta e completa informazione della cittadinanza nel suo complesso in tutte le fasi del processo, con il diretto coinvolgimento dei Consigli di Quartiere e delle Municipalità esterne a cui dovrebbe essere delegato il compito di attivare veri e propri Laboratori di progettazione partecipata per l´individuazione all´interno di ogni “Ambito Territoriale Omogeneo” (rione) delle problematiche e degli interventi necessari per dar vita a delle comunità dotate di un buon livello di riconoscibilità e di autonomia, nonchè di una sufficiente dotazione di servizi e spazi pubblici, raggiungibili in tutta sicurezza con percorsi pedonali protetti e piacevoli.
Essenziali per un buon funzionamento dei processi partecipati sono ovviamente gli strumenti comunicativi (non unidirezionali): tra questi in particolare l´istituzione del Forum telematico, per il quale vi è già un impegno dichiarato del Comune di Padova, ma che si chiede venga istituito anche dalla Provincia per la costruzione del PATI intercomunale, e la formazione di un Urban Center, nel quale esporre in forma permanente tutti gli studi ed i progetti riguardanti il futuro della città metropolitana e nel quale dare spazio agli incontri ed alle attività partecipative promosse dagli Assessorati interessati, dal mondo associazionistico e da Agenda 21.

Sergio Lironi, presidente Legambiente Padova