Replica di Matteraglia a Lironi sulla VAS del PAT di Padova

Per il lavoro che faccio e per come lo faccio, ho sempre messo, metto e metterò in primo piano il metodo. E mi dispiace che questo aspetto sia stato colto come negativo alla recente presentazione ad Agenda 21 della VAS del PAT e che si tenda a preferire l’impronta ecologica (i.e.) alla, nostra, impronta ambientale (i.a.).

Il tentativo evidentemente non riuscito di spiegare perchè l’i.a. è di gran lunga preferibile e più adatta nella valutazione ambientale dei piani, rispetto all’i.e., cercherò di dirlo ora in poche parole.

L’i.e. quantifica la sostenibilità di un territorio con una unità di misura, l’ha di terreno, e la esprime con un solo numero finale che rappresenta il consumo di risorse procapite.

Per sapere se tale consumo è sostenibile lo si confronta con quello che deriva da una ideale distribuzione delle risorse sul pianeta: nel caso di Padova si confronta una i.e. di 3,6 ha (circa) con un consumo ideale di 2,2 ha (stima di qualche anno fa di Wackernagel). La differenza, 1,4 ha, è il surplus di consumo procapite che avviene nella città di Padova.

Siccome l’i.e. ragiona in termini procapite, cioè di individui (questo punto è fondamentale metodologicamente parlando) le ricette che vengono proposte sono incentrate sul comportamento responsabile dell’individuo che viene esortato a consumare meno.

L’i.a. (impronta ambientale) che noi proponiamo prende le mosse dall’i.e. e la sviluppa in modo molto articolato. Sfrutta il metodo di misura unitario (l’ha di terreno) ma esprime l’impronta (cioè il consumo di risorse) non procapite, ma per ogni componente ambientale, assumendo che ogni componente ambientale sia caratterizzata da alcune attività specifiche che consumano risorse le quali appunto sono esprimibili in ettari di terreno. In questo modo è possibile conoscere e valutare l’impronta attuale delle attività che agiscono sull’ambiente e che sono oggetto delle “regole” della pianificazione.

Il secondo contenuto innovativo dell’i.a. è che essa può valutare l’impronta oggi e quella futura anche di scenari alternativi con una buona conoscenza del contributo che può dare ogni strategia (azione che coinvolge più attività = effetti cumulativi) al consumo delle risorse. A questo punto l’obiettivo dell’i.a. non è quello di confrontarsi con una situazione ideale ma di attuare una politica di sostenibilità contenendo le attività che consumano più risorse, mitigandone e compensandone gli effetti. In questo modo la sostenibilità è programmabile nel senso che può diventare funzione della PA rivolta agli stessi oggetti della pianificazione territoriale: cioè le attività e non gli individui. Ma la sostenibilità, per questa via, è anche monitorabile nel tempo, come appunto la direttiva prevede, e permette di attuare politiche correttive.

Detto questo mi pare di aver chiarito la “superiorità” e soprattutto la specificità dell’i.a sulla i.e. nei riguardi della sua applicazione alla valutazione dei piani.

Il secondo argomento che desidero discutere è quello delle alternative con il quale mi propongo di rispondere anche ad alcune “affermazioni sparse” ma pungenti di Lironi il quale afferma che le alternative proposte “si differenziano solo marginalmente” e non viene proposta una “reale e radicale alternativa al modello di crescita attuale”.

Il tema delle alternative era stato posto durante gli incontri del 2007 con Agenda 21 e già allora Lironi proponeva per il sistema dei trasporti l’opportunità di avanzare scenari “forti” come ad esempio tutto pubblico o tutto privato e valutarne le conseguenze. Il nostro giudizio fu quello di non considerare ragionevole tale formulazione di scenari alternativi ed ora spiego il perchè.

Prima di tutto se si vuole pensare ad un totale trasporto pubblico in città bisogna dire almeno quale configurazione si ha in mente: ad esempio s-bahn o u-bahn, un mix delle due, come queste si raccordano con il trasporto pubblico extraurbano ecc. Insomma bisogna avere almeno uno schema organizzativo del servizio. Secondariamente bisogna chiarire come si arriva ad una simile situazione dando per scontato che ci vorranno decenni per raggiungere questo obiettivo. Dunque accennare almeno ad una specie di programma temporale.

Naturalmente nessuna di queste due ipotesi fu allora avanzata come controproposta da Lironi e da nessun altro dei partecipanti ad Agenda 21. Ammesso che sia davvero raggiungibile un obiettivo di questo genere, che ha uno sviluppo temporale fuori della nostra capacità di previsione, rimane un punto fondamentale: quello che bisogna avviare un percorso. Ma avviare un percorso è proprio quello che ci proponiamo di fare con la programmazione della sostenibilità con l’i.a.

Rispetto ad un anno fa, ora si parla di una reale e radicale alternativa al modello di crescita attuale: qual’è questo modello e qual’è il percorso che si propone di avviare Lironi per raggiungere questo obiettivo dato che pare ragionevole pensare che una situazione urbana radicalmente diversa non sia raggiungibile di punto in bianco? L’esempio delle maggiori città europee non è di grande aiuto se non si dice quale città e se soprattutto non si specifica in quale situazione giuridico amministrativa si trova la città di riferimento: giuridico, perchè non tutti i sistemi di pianificazione sono come il nostro; amministrativo, perchè le città di uno stato federale hanno possibilità e risorse molto diverse da quelle di uno stato centralista.

Ricordo infine che la modifica del titolo V della costituzione assegna al governo del territorio, che è l’attività amministrativa preposta alla pianificazione e alla gestione del territorio, ben pochi compiti. L’amministrazione comunale non ha potere decisionale sulle infrastrutture, sui grandi servizi (ospedali, tribunali, ecc), sui rifiuti, sulle acque, sulle ferrovie, ma è semplicemente uno degli attori decisionali in questi campi. Spesso le critiche non tengono conto di questi limiti amministrativi oggettivi e assegnano alla pianificazione responsabilità che non le appartengono.

Pierluigi Matteraglia – consulente del Comune di Padova