Silvio Trentin, una figura da riscoprire

Il 19 novembre 1943 la squadra d’azione fascista E. Muti fece irruzione nell’abitazione al numero 121 di via del Santo ed arrestò Silvio Trentin con suo figlio Bruno, destinato a diventare il segretario generale della CGIL. La squadra era alla ricerca di prove relative all’attività antifascista di Concetto Marchesi, ex rettore dell’Università che il 9 novembre aveva aperto l’anno accademico con un discorso di netta intonazione antifascista e cacciando gli universitari fascisti, richiamando così l’attenzione delle autorità militari tedesche.
Chi era Silvio Trentin? Trentin è stato il più grande federalista italiano ed europeo di tutto il Novecento. Al momento del suo arresto e del successivo trasferimento al carcere dei Parlotti, aveva già scritto tre opere fondamentali per la dottrina federalista :”La crisi del diritto e dello stato” (1935), “Stato, Nazione, Federalismo” (1940),” Liberare e federare” (1942).
Trentin, nato a San Donà di Piave (Venezia) l’1 novembre 1885, fu eletto alla Camera dei deputati nel novembre 1919 quale esponente della Democrazia Sociale, una formazione politica di orientamento liberale e riformista. Dato il suo orientamento antifascista, Trentin prima diede le dimissioni dalla cattedra presso l’Istituto di scienze economiche e commerciali di Venezia e poi il 2 febbraio 1926, emigrò volontariamente a Auch nel sud della Francia. Durante i pesanti anni dell’esilio, Trentin per mantenere la famiglia dovette adattarsi a fare anche l’operaio in tipografia prima di poter aprire una sua libreria a Tolosa. Aderì alla formazione “Giustizia e libertà” e collaborò intensamente alle pubblicazioni antifasciste dell’emigrazione.
Nei primi anni Trenta, davanti allo spettacolo della crisi e della fragilità delle democrazie parlamentari europee, Trentin rielaborò il suo pensiero politico passando dalla esaltazione degli enti locali (consorzi, Comuni, Provincie) e dall’intransigente autonomismo al federalismo come modo di realizzazione del principio dell’autonomia. Trentin aderiva alla filosofia di Emmanuele Kant.
Dopo la caduta del fascismo il 25 luglio, nel settembre 1943 egli rientrò in Italia e fu subito riconosciuto come il maggiore esponente del Partito di Azione, partito che aveva il suo centro maggiore a Padova e in particolare all’Università dove insegnavano il torinese Norberto Bobbio e il padovano Egidio Meneghetti. Nei giorni successivi all’8 settembre, Trentin svolse una intensa attività politica e militare tesa a organizzare la Lotta di liberazione nazionale contro l’occupante tedesco.
Poté farlo fino alla sera del 19 novembre quando fu arrestato dai fascisti al numero 121 di via del Santo assieme al docente universitario Giuseppe Zwirner e a sua moglie. La polizia fascista, ancora disorganizzata, lo rimise in libertà il 29 novembre. Ma ben presto le sue condizioni di salute si aggravarono. Morì il 12 marzo 1944 in una clinica a Monastier (Treviso).
Per decenni la figura e le opere di Trentin sono rimaste quasi sconosciute. Oggi, conclusa l’epoca del secessionismo bossiano, il federalismo ritorna di attualità e con esso il pensiero di Silvio Trentin, l’eredità che egli ha lasciato alle future generazioni degli italiani.
La sua figura e il suo pensiero saranno ricordati domenica 19 novembre, ore 11, davanti al numero civico 121 di via del Santo dove egli fu arrestato il 19 novembre 1943.

Elio Franzin