Addio mia amata. La fine della primavera?

Anticipi delle fioriture, allungamento delle stagioni vegetative, variazione della distribuzione delle specie. Sono i primi effetti osservabili sul nostro patrimonio di biodiversità come risposta alle anomalie climatiche degli ultimi anni. Questo in sintesi il risultato del secondo anno di monitoraggio effettuato con la Mappa della Primavera, il progetto realizzato da Federparchi, Legambiente e Coldiretti con la collaborazione scientifica dell’Università degli studi di Roma “la Sapienza”, finanziato dal Ministero dell’Ambiente.
Sono 9 le specie vegetali messe sotto la lente della “Mappa della primavera”: albero di Giuda, corniolo sanguinello, erica, mirto, ginestra, sorbo, sambuco, ulivo e castagno. Fioritura, fogliazione e maturazione dei frutti sono gli “indicatori”, gli strumenti chiave per “leggere” la risposta che le piante danno alla variazione del clima, con anticipi nello sviluppo e sfasamenti stagionali. La rete di stazioni di osservazione ha coinvolto in tutto 23 parchi, dove è raccolta la gran parte della biodiversità del nostro Paese: sono 55.600 le specie animali (oltre un terzo della fauna europea) e 6.717 quelle vegetali (circa la metà della flora europea).
Dal confronto di questi primi due anni di attività è emerso come ci sia un evidente anticipo nello sviluppo delle fasi primaverili soprattutto nelle stazioni più mediterranee. Nel Parco regionale dei Nebrodi, ad esempio, la fioritura dell’erica arborea si è verificata con un anticipo di 10 giorni, così come nella Riserva naturale di Monte Mario dove la ginestra è fiorita 10 giorni prima dello scorso anno. Con la Mappa della Primavera, è stato messo in piedi anche un osservatorio che, oltre all’analisi e lo studio del rapporto tra cambiamenti climatici e biodiversità, raccoglie informazioni, studi scientifici e segnalazioni dai cittadini. L’analisi generale dei dati raccolti ha messo in luce che sono sempre più frequenti le alterazioni di fenomeni biologici. In particolare è stato notato che l’anticipo, anche di 10 – 20 giorni, delle fasi primaverili, è accompagnato spesso da un ritardo dell’inizio autunnale, con conseguente allungamento della stagione vegeta tiva. Si è riscontrata poi anche una variazione nella distribuzione spaziale delle specie, come nel caso del faggio, il cui areale (superficie abitata da una specie) si sta contraendo mentre quello del leccio si sta ampliando.
“Il nostro Paese è uno dei più esposti ai rischi del cambiamento climatico – sostiene Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente – e gli effetti che questo provoca sul nostro patrimonio di biodiversità non possono essere trascurati. L’innalzamento della temperatura, ad esempio, sta accelerando sempre di più fenomeni allarmanti come la desertificazione che sulle coste italiane ha raggiunto una concentrazione del 30% rispetto al territorio nazionale. In questo scenario la Mappa della Primavera – continua Della Seta – rappresenta uno strumento prezioso per capire come si sposta l’orologio della natura e nel lungo periodo sarà utile a definire gli scenari possibili e a sapere come intervenire sul territorio per salvaguardare la biodiversità”.
Per la prima volta nella storia delle campagne romane si raccolgono già nei campi le fave che arrivano normalmente solo il primo maggio per accompagnare le scampagnate e sui banchi dei mercati è già possibile trovare una varietà di offerta Made in Italy come mai nel passato: dai piselli ai carciofi a tutte le insalate a pieno campo, dalle lattughe alle scarole fino alle indivie, ma anche grandi quantità di cavolfiori, broccoli, asparagi, finocchi e pomodori”. E’ quanto afferma Stefano Masini responsabile ambiente della Coldiretti nel sottolineare che La Mappa della Primavera ha confermato sul piano scientifico cambiamenti di grande attualità per i consumatori e per le imprese agricole, con il crollo dei listini alla produzione mentre sui banchi di vendita i prezzi non hanno subito variazioni di rilievo. Se cresce nelle campagne l’attenzione per tecniche agronomiche (colture, irrigazione, ecc.) sostenibili per il clima, nelle imprese si cominciano anche a cogliere le oppor tunità con lo sviluppo di energie alternative e con l’offerta di prodotti locali a ‘chilometri zero’ (che non hanno bisogno di trasporto) per rispondere alla domanda di un segmento crescente di consumatori che scelgono stili di vita attenti anche nell’alimentazione al risparmio energetico e alla salvaguardia del clima. Secondo le stime della Coldiretti consumando prodotti di stagione una famiglia può risparmiare fino a una tonnellata di anidride carbonica (CO2) all’anno, tenuto conto che per trasportare a Roma un chilo di ciliegie dall’Argentina in aereo per una distanza di 12mila km si consumano 5,4 kg di petrolio mentre per un kg di pesche dal Sudafrica nel viaggio di 8mila chilometri si bruciano 4,35 kg di petrolio e infine gli arrivi di ogni kg di uva dal Cile richiedono la combustione di 5,8 kg di petrolio.