Le prospettive dei costruttori, rispetto allo sviluppo di Padova, sono state ben delineate da Leonardo Cetera, presidente dell’ANCE,in occasione dell’assemblea annuale tenutasi lo scorso 13 luglio. Ricordiamone alcune: realizzazione della rete infrastrutturale per l’accessibilità interna (Grande Raccordo Anulare, camionabile lungo l’idrovia, realizzazione delle linee SIR 2 e SIR 3 del tram, arco di Giano e, ovviamente, i parcheggi interrati all’interno della città), infrastrutture per i collegamenti esterni (statale 10 Monselice-Este- Montagnana, strada del Santo, Pedemontana, nodo di Mestre), nuovo ospedale, riconversione della Zona Industriale di Padova e suo trasferimento a sud, spostamento della fiera, realizzazione del Politecnico.
Sicuramente un insieme di opere di grande impatto ed in grado di dare impulso alle attività economiche della città, ma che scontano per la maggioranza dei casi una grave omissione: la mancanza di una seria valutazione di sostenibilità ambientale. A parte i rilievi già mossi su alcune infrastrutture, soprattutto interne (orbitale che strozza la città metropolitana, camionabile che uccide lo sviluppo di una modalità di trasporto acqueo alternativo a quello -ormai inflazionato- su gomma, arco di Giano che induce traffico di attraversamento, parcheggi interrati attrattori di traffico all’interno di una città oltremodo inquinata) quello che preoccupa è l’ulteriore inarrestabile consumo di territorio che gli interventi prospettati comportano.
Lo stesso presidente Cetera ha riconosciuto che nel padovano si è costruito troppo a livello residenziale. Sperando che questa ammissione sottintenda un’autocritica, aggiungerei che si è costruito troppo, ed in modo disordinato, anche a livello di attività produttive. La programmazione urbanistica ai diversi livelli ha, infatti, consentito una eccessiva proliferazione dell’impresa diffusa.
Dopo la lunga stagione della crescita della città a scapito del territorio, gli urbanisti ed i costruttori dovrebbero darsi una nuova “mission”: il recupero ambientale attraverso il pieno utilizzo ed il riordino dell’edilizia esistente. Per ottenere questo risultato è necessario un ripensamento nella programmazione urbanistica partendo prioritariamente dall’ottimizzazione del patrimonio edilizio esistente prima di prevederenuovi insediamenti, siano essi residenziali o produttivi.
In questa logica, buona parte della città metropolitana potrà essere oggetto di programmi di trasformazione urbana, che prevedano la ricostruzione, secondo criteri urbanisticamente moderni ed ecologicamente sostenibili, di rilevanti porzioni delle periferie prive di pregio. Qualora, poi, sia opportuno il trasferimento di impianti divenuti incongrui rispetto all’ambiente circostante, l’occupazione di nuove aree libere dovrà essere compensata dal recupero ambientale degli spazi dismessi.
Analogamente, lo sviluppo produttivo del padovano dovrà essere prioritariamente conseguito attraverso il riordino delle attuali zone industriali. Andranno quindi privilegiate operazioni di accorpamento e di riconversione, nonché di ottimizzazione degli impianti sottoutilizzati rispetto alle nuove espansioni a scapito delle residue zone agricole. Questo processo dovrebbe essere affidato ad una governance a scala sovracomunale, che sia in grado di superare i localismi attraverso una equa distribuzione dei benefici economici tra i comuni.
Sviluppo e tutela del territorio non sono incompatibili. È necessario però che tutti gli attori delle trasformazioni urbanistiche pongano attenzione ai fragili equilibri ambientali, privilegiando il migliore utilizzo delle risorse esistenti rispetto all’espansione territoriale, soprattutto se questa è di tipo speculativo.
Lorenzo Cabrelle – Legambiente