Dibattito case, questione di punti di vista

Premesso che le proposte del Laboratorio Integrato Architettura per la città, formato da studenti laureandi in architettura e dai loro docenti dell’ateneo veneziano, rappresentano, pur con diverse sfumature e sensibilità, un apprezzabile tentativo di dare forma di città all’Unità urbana Quattro Martiri-Crocifisso, ancora molto disaggregata nella parte costruita e negli spazi pubblici, ci interessa focalizzare l’attenzione sulle previsioni di sviluppo dell’edilizia residenziale a Padova fornite dall’ing. Mariani.

I dati sono quelli del dimensionamento del PAT (Piano di Assetto del Territorio), adottato nel 2009 ed in attesa di approvazione. Sulla base di alcuni studi statistici, il dimensionamento del piano è stato fatto prevedendo nei prossimi 10 anni un incremento del numero di alloggi, cioè di famiglie, di 5.350 unità.

Per soddisfare queste esigenze abitative, il PAT prevede di aggiungere ai 2.607.982 metri cubi che possono essere realizzati sulla base dalle previsioni del vigente P.R.G. ulteriori 1.284.232 mc e, per attuare gli istituti dei crediti edilizi e delle compensazioni (volumetria edificabile offerta in cambio delle aree da destinare a standard) altri 800.000 mc. Sulla base di queste previsioni il numero degli abitanti di Padova dovrebbe passare da 210.173 (dati 2007) a 234.358 , con un aumento di 24.185 unità.

Se si osservano però le statistiche dell’incremento demografico cittadino, reperibili nel sito web del comune, ci si accorge che dal 2003 al 2007 il numero degli abitanti è rimasto pressoché invariato, mentre negli anni successivi c’è stato un aumento complessivo di 4025 unità, per un totale di 214.198 abitanti al 2010. C’è poi da rilevare che la crescita della popolazione è dovuta prevalentemente agli stranieri, la cui componente è aumentata di valori annuali prossimi alle 2000 unità fino al 2007, e di 8179 unità negli ultimi tre anni, per un valore finale di 32.413 residenti stranieri nel 2010 (quasi il doppio rispetto al 2003 con un salto percentuale dal 7,84% al 15,13% rispetto alla popolazione totale).

Difficile, quindi, credere che le stime di crescita del PAT siano reali, a meno di un afflusso ancora più massiccio di stranieri. Ma anche se fossero confermate, ci si chiede se sia assolutamente necessaria la valanga di quasi 4.700.000 mc di nuovo cemento previsto sulla città. Perché, invece, non soddisfare, almeno in parte, il fabbisogno residenziale ricorrendo al patrimonio edilizio inutilizzato o sottoutilizzato?

Quest’ultimo argomento è stato sbrigativamente accantonato nella relazione illustrativa del PAT con questa affermazione: “si ritiene che oggi la quantità di alloggi non utilizzata sia giunta a livelli percentuali minimi su base storica, e comunque fisiologici…”. Va però evidenziato che il numero di abitazioni non utilizzate, preso in considerazione nel dimensionamento del PAT, è quello rilevato nel censimento 2001, e cioè 5575 unità, più del fabbisogno di alloggi previsto nel prossimo decennio. Qualcosa non funziona! Prima di accantonare l’argomento e decidere le politiche abitative, si sarebbe dovuto, quanto meno, procedere a un rilevamento aggiornato delle abitazioni inutilizzate, mettendo nel conto anche tutti gli edifici produttivi abbandonati (e sono tanti) di cui sarebbe opportuna la riconversione all’uso residenziale.

Vi è inoltre un altro modo per soddisfare il fabbisogno abitativo, senza sprecare ulteriore terreno, quello della ristrutturazione urbanistica delle periferie urbane con interventi a scala vasta (ricostruzione di interi isolati), recuperando così i requisiti igienici e prestazionali delle abitazioni e ricavando nuovi alloggi aumentando, ad esempio, di un piano gli edifici bassi (attualmente il 65% del patrimonio edilizio residenziale è di 1-2 piani).

A fronte di queste considerazioni, prima di attuare il PAT sarebbe utile attendere i dati del censimento in corso, che saranno disponibili già dall’anno prossimo, e poi, sulla base di dati statistici aggiornati, scegliere i meccanismi per soddisfare il fabbisogno abitativo della città (che va comunque riconsiderato e calibrato sulle esigenze della popolazione a reddito basso: giovani coppie e migranti) evitando lo sperpero di terreno per nuove lottizzazioni.

Lorenzo Cabrelle – Legambiente Padova