Dopo il “Ghetto”

Pubblichiamo la recensione del libro Francesco Faiella, Claudia Mantovan [a cura di], Il ghetto disperso. Pratiche di desegragazione e politiche abitative, Cleup editore, Padova, già pubblicata su ESTNord, bollettino settimanale che potete vedere qui

La chiusura del «ghetto» di via Anelli, a Padova, fu una grande operazione di politica sociale. sigillate le sei palazzine del condominio Serenissima e trasferiti gran parte dei suoi abitanti in case di edilizia comunale, l’amministrazione comunale poté parlare di soluzione di un problema di un grave allarme sociale. Si trattò di un’esperienza unica in Italia di «desegregazione» e quindi di «distribuzione» in tutta la città di persone che vivevano concentrate in unico luogo. Ma dove sono finiti gli ex abitanti di via Anelli?
Come vivono oggi e che come hanno vissuto il trasferimento? La tendenza ad utilizzare metafore mediche – «la zona risanata» – o idrauliche – il «flusso» degli abitanti – e il forte allarme sociale provocato e costruito attorno al «ghetto» ha impedito di guardare alle storie e ai desideri degli abitanti. E riflettere lucidamente sul significato della creazione di un «ghetto» in città e, soprattutto, sul senso culturale e politico della sua decostruzione.

Francesco Failella e Claudia Mantovan, giovani ricercatori dell’Università di Padova, hanno cercato di farlo ed ora è uscito il libro «Il ghetto disperso. Pratiche di desegregazione e politiche abitative» sulle storie degli ex abitanti del «ghetto». Le persone interpellate, in maggioranza, avevano già cercato di uscire individualmente dal «ghetto» cercando altre soluzioni abitative, ma problemi economici e la discriminazione che colpisce gli immigrati e, «quelli di via Anelli» in particolare, ha impedito questa soluzione.

Si può affermare che la discriminazione subita ha costretto le persone a vivere nel «ghetto». La maggioranza degli interpellati ha dimostrato soddisfazione per essere usciti da via Anelli e per l’intervento compiuto dal comune. Ma il «ghetto», persino via Anelli, ha i suoi lati positivi: lo spiega un migrante che racconta come si fossero sviluppate dinamiche anche economiche – un «ristorante» abusivo, un barbiere – in grado di proteggere da un mercato del lavoro spietato in particolare nei confronti degli immigrati. Anche la possibilità dell’abitare «informale», ospitando altre persone, risultava un dispositivo per ridurre le spese, ora non più praticabile. Ed anche la socialità a cui il «ghetto» costringeva è ora più rarefatta, le reti amicali più lunghe e difficili da curare.

L’uscita dal «ghetto» – «finalmente vediamo l’Italia» viene descritto – ha significato soprattutto la fine del forte stigma che colpiva gli abitanti del complesso «Serenissima», una possibilità di uscire dallo stereotipo. In apertura del volume una interessante rassegna delle politiche sociali legate alla forma urbana in Europa e negli Stati uniti con elementi di dibattito ed analisi indispensabili per comprendere le modificazioni della città contemporanea.

Grazie a questa ricerca, alla possibilità di seguire la traiettorie di vita degli ex abitanti di via Anelli riusciamo a tratteggiare i problemi che partorisce la società «normale». Una società sollevata dalla chiusura del «ghetto», ma che continua a custodire gli elementi – politici, economici, urbanistici e culturali – necessari alla sua ricostruzione.