Il problema dell’acqua in provincia di Vicenza

Le falde acquifere del vicentino, grandi serbatoi sotterranei che alimentano il sistema acquedottistico di diverse province venete, da qualche tempo manifestano problemi che abbisognano di soluzioni tempestive e condivise. Per diverso tempo è stato possibile disporre abbondantemente dell’acqua disponibile in quanto i consumi venivano compensati dalla piovosità, ma negli ultimi anni (come risulta dai dati dell’Amministrazione Provinciale e di un convegno del 2003 dell’Accademia Olimpica), si è registrata una diminuzione permanente del livello della falda, stimabile nel 2004 in un calo di 2,5 metri rispetto ai valori del 1970; cioè si perdono ogni anno 7 – 8 centimetri di acqua.

Le motivazioni della rottura di questo equilibrio millenario possono essere ricondotte a tre aspetti tutti dipendenti dall’azione dell’uomo o meglio dalla politica economico-sociale-territoriale adottata da noi in questi anni:

1. RIDUZIONE DELLA PIOVOSITA’

La pioggia è l’unica fonte di rialimentazione di queste falde. I dati disponibili evidenziano una significativa riduzione della piovosità dagli anni ’60 al 2000 e rapportabile ad una media dell’11,4% (un volume di circa 200 milioni di metri cubi di acqua in meno ogni anno). Le previsioni al 2010, secondo i ricercatori meno traumatici, indicano con i loro calcoli una riduzione attorno al 20%.

2. AUMENTO DELLA SUPERFICIE IMPERMEABILE

Tetti, piazze, strade ed altre coperture sono enormemente aumentate nella nostra provincia; evidente conseguenza è un trasferimento più veloce a valle delle acque meteoriche, e ciò oltre a provocare un maggior rischio di esondazioni, impedisce la graduale infiltrazione nel terreno di acqua piovana.

3. AUMENTO DEI CONSUMI IDRICI

Il consumo di acqua nella provincia berica agli inizi del ‘900 era di 10 – 15 litri al giorno pro capite su una popolazione inferiore alle 500.000 persone; oggi il fabbisogno medio totale, compresi i consumi delle attività produttive e le perdite di rete, supera i 350 litri per abitante per giorno e la popolazione è passata a circa 800.000 unità.

Dall’esame dei tre fenomeni descritti emerge chiaramente che, se non ci diamo da subito l’obiettivo di ristabilizzare l’equilibrio idrico e di recuperare la situazione perduta, rischiamo di usare più acqua di quanta ne renda disponibile la ricarica naturale e di intaccare un patrimonio rimasto immutato per secoli ed unico in Italia avviandoci verso una strada senza uscita.

A questa già precaria situazione si è aggiunto nel 2006 un ulteriore elemento di pressione: il progetto per l’insediamento di una nuova base americana a Vicenza nell’area dell’aeroporto Dal Molin.

Il primo fattore di pressioneè rappresentato dai consumi ingenti richiesti per il funzionamento della base. I prelievi di acqua di questa nuova realtà, calcolati in base alle richieste di fornitura formulate ad Aim dal comando americano, sarebbero da 1,9 (ipotesi di minima) ad 8,2 (ipotesi di massima) milioni di metri cubi annui. Come varieranno le tariffe del servizio acqua a seguito di questa improvvisa impennata nei consumi? Ed in caso di probabile o periodica indisponibilità ai prelievi, quali saranno le esigenze e le attività che per prime saranno soddisfatte?

Il secondo elemento negativo è costituito dall’elevato grado di rischio cui è sottoposta una sorgente d’acqua di per sé fragile ed estremamente vulnerabile. Già nella prima riunione del CO.MI.PA., nel giugno 2006, l’Amministrazione Provinciale formulava le sue perplessità in merito alla localizzazione della base, proprio sopra le falde acquifere della pianura a Nord di Vicenza, considerandola rischiosa per possibili inquinamenti in caso di perdite e sversamenti, sia pure occasionali od accidentali, di carburanti, lubrificanti o altre sostanze similari, e/o più pericolose.

Valentina Dovigo – Legambiente Vicenza