La madre di tutte le colate: l’assessore Mariani risponde

Sull’intervento dell’Assessore Mariani, che pubblichiamo volentieri, ci riserviamo una risposta articolata in uno dei prossimi numeri. Due cose vanno dette subito però. 1) I metri quadri procapite di verde urbano fruibile per abitante a Padova sono 8,55 metri, ben al di sotto della media dei capoluoghi italiani. 2) Per quanto riguarda la decadenza dei vincoli. Il Testo Unico sulle espropriazioni del giugno 2001 ha chiarito che se il Comune non reitera i vincoli, nei centri abitati si può al massimo giungere alla ristrutturazione degli edifici esistenti, mentre nelle aree agricole è ammissibile un indice di edificazione non superiore a 0,03 mc/mq. Il Comune per legge non era tenuto a concedere tutta l’edificabilità che la variante Mariani ha invece regalato. “L’ignaro” lettore ne tenga conto leggendo l’intervento dell’Assessore.
l.p.

L’intervento “La madre di tutte le colate” pubblicato sul n. 82 del 19 ottobre u.s. di “Ecopolis”, prende spunto dalla approvazione da parte della Giunta Regionale della “Variante al PRG per la ridefinizione del sistema dei servizi e delle norme” per criminalizzare la variante stessa e gli Amministratori che l’hanno nel tempo studiata, presentata e modificata, facendo credere all’ignaro lettore che essa sia stata una operazione non necessaria o addirittura concepita all’unico scopo di “cementificare” le aree verdi della città.
Le cose non stanno assolutamente in questo modo, come è stato più volte spiegato negli ultimi dieci anni ai cittadini e ancor più ai rappresentanti di Legambiente, da parte non solo degli Amministratori in carica, ma anche dai tecnici comunali e dai consulenti esterni, cioè i proff. Campos Venuti, Oliva e Vitillo, umanamente stimati non solo per le specifiche competenze, ma anche per le capacità progettuali indirizzate a ridurre le speculazioni edilizie e a garantire le qualità ambientali.
Mi sia concesso di spiegare direttamente ai lettori della Newsletter perché e come è nata questa variante.
Il problema che tutte le città italiane hanno dovuto affrontare alla metà degli anni ’90, per effetto di una serie di interventi a livello giudiziario (Corte Costituzionale) e legislativo, è stato quello delle aree vincolate dal PRG a servizi pubblici, in particolare di quelle il cui vincolo era stato imposto molti anni prima.
Padova si trovava in una situazione particolare, in quanto il PRG originale di Piccinato vincolava a servizi (in particolare a verde pubblico) quasi un terzo dell’area comunale, previsione successivamente in parte corretta riportando ad agricola la destinazione delle aree verdi più esterne. La sovrabbondanza (rispetto a quanto previsto dalla legge) degli standard previsti e la storicamente dimostrata incapacità da parte del Comune di acquisirli con l’esproprio (capacità ulteriormente compromessa dalla rivalutazione del prezzo di esproprio) ha comportato la necessità di rivedere le previsioni e di studiare delle norme che permettessero da una parte di evitare la reiterazione del vincolo (operazione sulla quale pesava la prospettiva, poi concretatasi, dell’obbligo di un risarcimento annuale) e dall’altra di acquisire effettivamente molte di tali aree al demanio comunale, per l’effettiva realizzazione dei servizi previsti dal PRG.
La soluzione implementata nella variante e cioè: – reiterazione del vincolo solo per un ridotto, ma ancora molto significativo, insieme di aree; – destinazione ad uso privato di un insieme di altre aree, in particolare: a “zona privata soggetta alla tutela dello stato di fatto” di quelle già edificate, a “zona agricola” di quelle più esterne, e, in un limitato numero di casi, a “zona insediativa periurbana” o a “zona di completamento”; – destinazione a interventi da attuarsi mediante l’applicazione del metodo perequativo per la maggior parte delle aree, in particolare tutte quelle interne di grandi dimensioni. Quest’ultima modalità, allora ancora innovativa, mirava a concedere un contenuto indice edificatorio, spalmato su tutta l’area (quindi senza creare più l’iniqua disparità tra aree edificabili e aree a standard), che si realizzava poi in una porzione limitata dell’area, a fronte della cessione gratuita di tutte le rimanenti aree al Comune per la realizzazione dei “servizi” (in particolare del verde pubblico).
La variante di recente approvata in Regione (cioè quella adottata nel 2001 e chiusa nel 2003 dall’Assessore Riccoboni, parzialmente revocata nel 2004 e richiusa nel 2005 dal sottoscritto) prevede in definitiva tre tipi di aree a perequazioni e cioè: – la “perequazione ambientale” (complessivamente 1.658.000 m²), con indice di zona 0,15 m³/m² e cessione del 75% dell’area; – la “perequazione integrata” (complessivamente 3.052.636 m²), con indice di zona: per i privati di 0,25 m³/m² (elevato a 0,30 nel caso di costruzioni di case ad affitto calmierato) e edificazione da concentrarsi sul 30% dell’area; per l’ERP/PEEP di 0,0625 m³/m², con edificazione da concentrarsi sul 10% dell’area; il rimanente 60 % a servizi.
Il Comune ottiene quindi il 70% dell’area. – la “perequazione urbana” (complessivamente 428.250 m²), per aree inferiori ai 2-3.000 m² e porzionate all’interno dell’edificato, con indice di zona 0,5 m³/m² e cessione del 50% dell’area. La volumetria complessiva derivante da tali previsioni ammonta a 2.185.758 m³ (compresi ERP/PEG), per un totale di 14.572 abitanti; ma si tratta, così come la volumetria residua del PRG, di un valore massimo teorico, che non sarà mai completamente realizzato, e la quota realizzata si diluirà comunque su alcuni decenni (data la necessità di addivenire ad un piano unico condiviso su aree molto vaste).
Ricordo comunque che la capacità insediativa prevista nel 1974 da Piccinato era di 290.000 abitanti e che la città negli anni ’80 ha raggiunto oltre 240.000 abitanti per discendere poi a 210.000. Negli ultimi 3 anni la popolazione ha ripreso a crescere e per effetto della immigrazione è previsto un suo cospicuo aumento nel prossimo decennio. Gli attuali problemi di congestione dipendono inoltre più dagli accessi in città di residenti in altri Comuni, che non dai cittadini di Padova. La mobilità di questi ultimi può essere infatti molto più facilmente trasferita nei mezzi pubblici o su quelli poco inquinanti e/o ingombranti (bici e moto).
Le ragioni per le quali la “variante Riccoboni” è stata revocata solo in parte e gli indici sulle aree coinvolte dalla perequazione e le relative norme sono stati modificati solo molto parzialmente sono state anche queste rese note più volte.
Richiamiamole comunque.
1. Le motivazioni di partenza (soluzioni del problema dei vincoli espropriativi) permanevano, anzi ulteriori leggi avevano precisato la straordinarietà della reiterazione del vincolo e l’obbligatorietà del risarcimento;
2. la ridestinazione a verde pubblico di tali aree non avrebbe ridotto il costo di esproprio, che sarebbe stato comunque commisurato all’indice di edificabilità già assegnato;
3. gli indici suggeriti nel 1997 da Campos Venuti e Oliva (0,20 m³/m² nelle aree esterne e 0,35 m³/m² in quelle centrali) si sono dimostrate in molte zone impraticabili, in quanto fornivano valori di compensazione talora inferiori a quelli di esproprio. Essi comunque prevedevano ovunque una cessione al Comune solo del 50% dell’area. Gli indici adottati a Padova sono in ogni caso i più bassi in assoluto di tutta Italia;
4. la prospettiva di poter procedere effettivamente agli espropri si era ulteriormente indebolita;
5. l’Amministrazione riteneva viceversa importante avviare l’effettiva realizzazione dei parchi e degli altri servizi.
La variante in oggetto prevede, come già detto, una volumetria complessiva di 2.135.000 m³ (e non di 2.600.000 m³) e non ha toccato aree agricole. Per quanto riguarda l’ampliamento del Parco Iris, ricordo infine che l’applicazione della perequazione permetterà di acquisire almeno altri 87.000 m², garantendo un aumento dell’area attuale del 145%.

Prof. Ing. Luigi Mariani, assessore all’Urbanistica