La nuova casa circondariale nasce vecchia

Nella visita, ci è stato mostrato l’intero edificio della nuova struttura e tutti i locali che la compongono con particolare attenzione ad evidenziarci il netto miglioramento della qualità della vita: sale climatizzate, nuova infermeria, aula informatica, biblioteca, spazi per l’attività ludica, ecc., ma la nuova struttura è decisamente piccola, molto più piccola dell’attuale.
In una cella standard di 20 metri quadrati, compreso lo spazio per il bagno e la cucina, ci sono tre file di tre letti a castello per un totale di nove posti letto. Nelle altre celle la situazione era lievemente migliore con 7 letti. In queste condizioni i detenuti possono stare solo a letto nei tempi di permanenza in cella. Tenere chiusa una persona per tutta la giornata in un luogo molto piccolo appare per quello che è: una soluzione poco civile.
La nuova struttura ha una capienza regolamentare di 84 posti, ma all’atto dell’apertura sarà occupata dagli attuali detenuti della vecchia struttura (160 persone), e le brande installate nelle celle ammontano a 180. Va ricordato che la vecchia struttura una volta dismessa, non sarà più in condizione di svolgere alcuna funzione nemmeno di tipo emergenziale.
La CGIL non può nascondere i rischi della situazione così riassumibili:
1. Gli spazi sono fortemente inadeguati per le funzioni istituzionali. Non riusciamo nemmeno a pensare ai compiti che sarebbero richiesti di recupero, riabilitazione e vita sociale.
2. La mancanza di spazi idonei provoca contestualmente e parallelamente la crescita dei pericoli sociali connessi ai conflitti tra detenuti, alla mancanza di privacy, all’insorgenza delle liti, alla promiscuità tra detenuti di diverse nazionalità, situazioni e appartenenze religiose, al lavoro degli operatori di polizia in sezione. Ricordiamo che attualmente la popolazione detenuta è per quasi il 90% composta da cittadini migranti.
3. La struttura del carcere rimane in una pessima condizione generale (il muro di cinta cade a pezzi con l’impianto elettrico fuori norme Uni e illuminazione insufficiente, il passo carraio è a rischio infortuni per le mancate manutenzioni, ecc.)
4. L’utilizzo sia pure parziale della vecchia struttura (ambulatori, reparto isolamento, ecc.) e le nuove funzioni aggiuntive evidenziano la probabile difficoltà del personale.
Queste le proposte della Cgil alle autorità competenti:
a. Il fondo nazionale per l’ammodernamento delle strutture carcerarie deve essere garantito nelle risorse indispensabili ad un efficace piano di ristrutturazione degli istituti. Non ci convince l’equazione che a fronte della riduzione di 15.000 detenuti a seguito dell’indulto, sia possibile programmare analogo risparmio sui costi: la riduzione dei detenuti ha evitato una rivolta sociale nelle carceri italiane ma il fabbisogno economico è rimasto il medesimo di prima aggravato dalle aspettative soffocate per molti anni. La nuova struttura padovana ha assoluto bisogno di almeno 1 passeggio in più per i detenuti ( ne sono previsti 3 ma se n’è fatto 1 solo per carenza di fondi) e servono altri interventi per migliorare la sicurezza e la vivibilità l’intera struttura.
b. La dotazione organica del personale dovrebbe essere completata ( manca una trentina di unità); i nuovi servizi corrono il rischio di far esplodere il malessere sempre presente tra gli operatori.
c. La struttura è fortemente a rischio nel caso dovesse ospitare un numero di detenuti pari all’attuale. Il sistema crolla se perennemente opera ai limiti, e oltre, di sostenibilità.

Ilario Simonaggio, segretario generale CGIL Padova