Note critiche alla lottizzazione dell’area del Basso Isonzo

Messo da parte il progetto unitario di parco urbano elaborato dagli architetti Paolo Castelnovi e Federica Thomasset, quando assessore al verde era l’architetto Luisa Calimani, e dimenticati gli impegni assunti in campagna elettorale, l’attuale Giunta Comunale – in assoluta e preoccupante continuità con quella di centrodestra – con la Variante ai Servizi (ritornata dalla Regione nelle settimane scorse e quindi attualmente operativa) ha introdotto anche per le aree del Basso Isonzo i criteri della perequazione urbanistica. L’iniziativa viene così delegata ai proprietari privati, che – quale contropartita delle nuove volumetrie edilizie concesse – dovranno “regalare” al Comune quota parte delle loro aree per la realizzazione di strade, parcheggi, servizi ed infrastrutture pubbliche di varia natura e spazi verdi.
I tre o quattro proprietari delle aree di maggiori dimensioni hanno già da tempo i loro progetti pronti, ma per conferire un minimo di dignità alla nuova speculazione immobiliare l’Amministrazione Comunale ha affidato ad Agenda 21 la “progettazione partecipata” degli indirizzi di piano.
Date le premesse e le condizioni imposte, i risultati di questo processo partecipativo (alle cui riunioni – come risulta dall’ultima Newsletter di Agenda 21 – hanno in realtà partecipato solo 7 od 8 della trentina di stakehloders invitati ) erano scontati e sembrano solo aggiungere la beffa al danno. Vediamo perché.

1. – Tutta l’area nord viene “sganciata” dalle regole perequative e dal disegno unitario di parco, destinandola genericamente ad impianti sportivi con norme talmente elastiche da consentire – come già è avvenuto in questi anni per il Couver Tennis di via Monte Pertica – praticamente qualsiasi tipo di edilizia (capannoni di tipo industriale, campi “scoperti” che per tutta la stagione invernale ospitano enormi quanto oscene coperture gonfiabili, …) e di attività ( non solo attività sportive diurne e notturne, spesso ad elevato impatto sonoro, ma anche vere e proprie discoteche mascherate da “circoli ricreativi privati”). Non è casuale che in questi giorni il Tennis Club abbia già presentato un progetto di nuovi impianti in questo comparto: il che gli consentirebbe, tra l’altro, una riconversione e “valorizzazione” a fini edilizi delle aree attualmente utilizzate in via Goito.
2. – Per facilitare l’iniziativa dei privati di maggior peso patrimoniale, l’area destinata alla perequazione è stata in primo luogo suddivisa in due comparti. Il primo comparto (quello immediatamente operativo, anche perché “…composto da poche ed ampie proprietà unitarie”) consentirà l’edificazione di circa 48.000 mc, ovvero di circa 150 ÷ 160 alloggi localizzati in aree diverse all’interno del “parco” e questo in quanto – come afferma il documento di Agenda 21 – “è preferibile una distribuzione diffusa del nuovo edificato… concedendo ad ogni proprietario di costruire la sua quota parte all’interno della proprietà”: una logica che esprime l’esatto contrario di quanto a suo tempo dichiarato a giustificazione dei meccanismi perequativi introdotti con la Variante ai Servizi.
3. – L’entità della nuova edificazione e la localizzazione degli interventi previsti fanno sì che gli unici spazi residui effettivamente destinati a verde pubblico siano di fatto dei giardini a servizio dei nuovi quartieri residenziali, che – se non verranno “privatizzati”, come già è avvenuto per molte aree verdi dei Peep cittadini – potranno tutt’al più integrare la dotazione di verde del quartiere, ma non potranno certo costituire, per le loro ridotte dimensioni, un “Parco Urbano Cittadino” (così come pomposamente denominato dal documento di Agenda 21; ma si sa che a Padova è invalsa da tempo l’abitudine di definire “parco” ogni più piccolo fazzoletto di verde).
4. – Tutta la vasta area centrale del Basso Isonzo (in larga parte attualmente di proprietà dell’IRA – Istituto Riposo Anziani), che secondo il progetto Castelnovi-Thomasset, con un intervallarsi di zone boscate e radure prative di libera fruizione, avrebbe dovuto costituire il vero cuore del parco, viene in parte destinata all’edificazione ed in parte destinata a “parco agricolo”, ovvero – come si può intuire – alla pura e semplice conservazione delle attività esistenti, con una piccolissima area marginale destinata ad “orti sociali”. E’ questo probabilmente l’aspetto più scandaloso (ci si passi il termine, ma è difficile trovarne uno più appropriato) della vicenda. Siamo infatti in presenza di un’area già di proprietà pubblica (il Consiglio di Amministrazione dell’IRA, ci risulta, è nominato dal Comune) per la quale non sarebbe necessario alcun costoso “esproprio”, che anziché essere utilizzata per la formazione di un vero e proprio parco viene resa edifica bile e messa sul mercato (pare che l’IRA abbia già deliberato di venderla a privati) per far compartecipare gli enti pubblici agli utili della programmata speculazione edilizia!
5. – Il documento di Agenda 21 presenta due “varianti progettuali”: la prima, di minor impatto, prevede un semplice adeguamento della rete stradale esistente; la seconda disegna invece una nuova strada al centro dell’area di perequazione, ovvero un prolungamento di via Urbino che poi si biforca in due nuove arterie a servizio dei nuovi quartieri. Nuovi tracciati stradali che spezzano ulteriormente il disegno unitario del “parco”. In realtà non vi è dubbio che dovrà essere adottata questa seconda variante sia per assicurare una adeguata accessibilità veicolare ai nuovi insediamenti residenziali previsti nel primo comparto, sia per garantire l’accessibilità agli ulteriori 140 alloggi circa che verranno localizzati nel “secondo comparto” del piano di lottizzazione (del cui disegno il documento di Agenda 21 confessa candidamente di non essersi occupata).
6. – Per quanto fumoso e generico nelle indicazione progettuali (che rinviano ovviamente ai veri progetti che verranno presentati – o che pare siano già stati presentati – dai singoli privati), il documento di Agenda 21 non tralascia di occuparsi della “gestione delle acque” del “parco”, auspicando che vengano allargati alcuni tratti del canale Boschette e creati dei meandri, possibilmente con la formazione di un laghetto, ma scordandosi completamente della necessità che venga realizzata ex novo in tutta l’area una vera rete fognaria (oggi inesistente), liberando da tale incombenza le canalette ed i fossati un tempo esclusivamente adibiti all’irrigazione dei terreni agricoli.

Le aree del Basso Isonzo (oltre un milione di mq) costituiscono di fatto, come tutti gli studi degli ultimi vent’anni sul territorio periurbano – da quelli di Giovanni Abrami a quelli di Roberto Gambino – hanno messo in luce, l’ultima concreta possibilità di dotare la nostra città di un vero parco a scala urbana, facilmente raggiungibile a piedi o in bicicletta dalla maggior parte dei cittadini, cuore pulsante di un organico sistema del verde, integrato – attraverso le sponde fluviali del Bacchiglione – alla rete ecologica del territorio metropolitano ed al Parco delle Mura cinquecentesche. Sperando ancora in un ravvedimento dell’ultima ora dei nostri amministratori, chiediamo dunque che – respinta l’ipotesi di perequazione presentata – venga ripensato il disegno di tutta l’area nell’ambito del nuovo PAT – Piano di Assetto Territoriale in corso di formazione, trasferendo – con i meccanismi della compensazione urbanistica o della cosiddetta “perequazione ad arcipelago” – le cu bature attualmente attribuite ai privati in altra area urbana meno strategicamente essenziale per gli equilibri ecosistemici del nostro territorio e che, in particolare, si rinunci all’edificazione nelle aree già di proprietà pubblica (IRA).

Per approfondire:
Le osservazioni di Legambiente specifiche su destino del parco del Basso Isonzo rispetto alla variante al PRG del 2002 ass. Riccoboni (in allegato contengono anche il progetto di parco Basso Isonzo originale dell’arch. Castelnovi)

Osservazioni di Legambiente alla variante al PRG del 2004 ass. Mariani

Sergio Lironi, presidente Legambiente Padova