Il ricorso al TAR contro il parcheggio interrato in piazza Rabin ed il recupero del frontone dell’ex Foro Boario è stato predisposto dall’avvocato Ivone Cacciavillani del foro di Venezia, con la collaborazione dell’avv. Domenico Vieri Tolomei del foro di Padova -presidente del comitato “Andrea Memmo torna in Prà”-, ed è stato presentato il 4 aprile a firma del citato comitato Memmo e delle associazioni “Amissi del Piovego” e Legambiente Padova, nonché dall’arch. Lino Ometto abitante nella via Carducci, adiacente all’area di intervento.
Il ricorso, con cui si chiede anche la sospensione dell’iter procedurale dell’intervento, riguarda l’autorizzazione della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici, rilasciata il 31.01.11, e l’approvazione del progetto definitivo, presentato dalla società Parcheggio ed Immobiliare Prato della Valle, da parte della giunta municipale con delibera in data 15.03.11.
Le motivazioni del ricorso si basano più su aspetti procedimentali che di merito.
Alla Soprintendenza si contesta di non aver espresso un parere definitivo sull’ammissibilità delle opere direttamente all’interno della conferenza di servizi, così come prevede il procedimento, ma di avere dato una successiva autorizzazione, al di fuori della conferenza, subordinandola inoltre ad ulteriori verifiche ed autorizzazioni, di talché non è dato sapere qual è il reale oggetto autorizzato.
Nel ricorso si sostiene che il progetto avrebbe dovuto essere compiutamente definito, in tutti i suoi elementi costitutivi, prima della conferenza, ed in quella sede essere poi oggetto dell’esame in contraddittorio tra tutti i soggetti interessati, il cui esito avrebbe costituito il provvedimento decisorio. Nel ricorso si chiede che, a fronte di questa violazione procedimentale, si dia seguito ad una nuova conferenza di servizi, celebrata secondo i dettami della legge di materia.
La contestazione rivolta al comune riguarda il fatto che il nuovo progetto, rielaborato a seguito del parere negativo della Soprintendenza, è stato approvato senza aver provveduto a ridefinire in modo puntuale i termini della precedente convenzione, già stipulata con il concessionario, nonostante nella nuova soluzione progettuale sia previsto un aumento della superficie commerciale a favore di quest’ultimo. Si censura, inoltre, la durata della concessione d’uso data ai privati, e determinata in 45 anni rinnovabili (il triplo cioè dell’usuale termine di 30 anni applicato per la concessione di opere pubbliche), in assenza di una congrua motivazione.
A fronte di questa censura si chiede una esaustiva verifica istruttoria, che certifichi la congruità del patto sottoscritto tra pubblico e privato, affinché non si verifichi quella che potrebbe essere definita come “svendita di città”.
Come già detto, i motivi del ricorso riguardano prevalentemente aspetti procedurali. Il loro accoglimento comporterebbe, tuttavia, la ripetizione dei passaggi formali di approvazione del progetto, sulla base di una nuova istruttoria che dirima tutti i dubbi sulla congruità dell’intervento rispetto al giusto bilanciamento tra interesse pubblico e interesse privato. Il progetto, inoltre, dovrà essere definito in tutti i suoi elementi costituivi, per consentire il pronunciamento della Soprintendenza all’interno della conferenza di servizi. Quest’ultimo adempimento potrebbe consentire di riaprire qualche spiraglio, per ridiscutere nel merito un intervento che continuiamo a giudicare compromettente per il corretto recupero del delicato Sistema del Prato della Valle.
Lorenzo Cabrelle – Legambiente Padova