Il Comune di Padova nel maggio scorso ha aderito al Patto dei Sindaci (Covenant of Mayor) un’iniziativa nata nel 2008 che vuole coinvolgere attivamente le città europee nel percorso verso gli obiettivi del 20-20-20 e della sostenibilità ambientale, passaggio obbligato nella lotta ai cambiamenti climatici, impegnandosi a ridurre le emissioni di CO2 in ambito locale del 20%.
Padova e Verona, le uniche due città capoluogo di provincia in Veneto, che hanno aderito al patto dovranno predisporre il Piano di Azione che porti al raggiungimento degli obiettivi.
Con un ottimo lavoro da parte degli uffici, il Comune di Padova ha redatto il piano, attualmente in fase di presentazione prima di essere sottoposto all’approvazione del Consiglio, ma le azioni di mitigazione contenute, almeno per come le conosciamo oggi, rischiano di essere inadeguate e disconnesse tra di loro.
Sebbene il documento preveda di raggiungere l’obiettivo anche in anticipo rispetto al 2020, notiamo come siano inseriti gli interventi approvati dall’amministrazione che hanno un effetto positivo sulla riduzione delle emissioni, come la possibilità di creare le linee del tram SIR2 e SIR3, ma non vengono considerati gli aumenti dovuti ad altre decisioni che hanno un effetto negativo come, per esempio, l’incremento della cubatura immobiliare prevista da PAT e PATI o la creazione di parcheggi in centro storico che promuoveranno, inevitabilmente, l’utilizzo dell’auto privata a scapito dei mezzi pubblici.
Nella stesura del piano clima, inoltre, si può notare un’adeguata programmazione nell’impiego sulle rinnovabile e sull’educazione ma non si può dire che vi sia una regia generale per ciò che riguarda i settori dell’urbanistica e della mobilità.
In particolar modo per quanto riguarda il settore dell’edilizia privata risulta un’assoluta mancanza di programmazione sulla qualità degli edifici e sul loro consumo energetico, il rammarico più grande è la sensazione che non si voglia avviare nessun percorso partecipato per la creazione di un vero e proprio regolamento energetico degli edifici che abbia degli obiettivi precisi sulla quantità del risparmio e sull’aumento del confort abitativo.
Per quanto riguarda la mobilità, invece, all’interno del piano clima non vi è nessuna previsione e programmazione rispetto allo “split modale” (le modalità ed i mezzi con cui si dovranno muovere le persone) auspicabile per il 2020 e su come raggiungerlo.
Sono proprio questii due temi che sono centrali nei piani presentati da altre grandi città come Torino o Bolzano che hanno colto l’occasione di utilizzare lo strumento come un documento programmatico. Torino per esempio, nel suo piano di azione, prevede una sorta di riqualificazione energetica obbligatoria degli edifici meno efficienti, Bolzano (che parte da un dato di emissione procapite simile al nostro), invece,si pone come obiettivo nel 2050 di arrivare a 2t/ab (Padova prevede di scendere solo a 7t/ab nel 2020) e per farlo punta su un piano molto severo di sviluppo della mobilità e di riqualificazione energetica di interi quartieri.
Insomma se il piano non viene rivisto ed assunto come un impegno, oltre che del settore ambiente, dai settori urbanistica, edilizia e mobilità rischia di essere un occasione sprecata per uno sviluppo sostenibile della città.
La possibilità di agire sul piano clima è ancora aperta, non si può sprecare anche quest’opportunità, utilizzando con un vero percorso partecipato e con la collaborazione di tutti si può immaginare una Padova del futuro migliore di quella a attuale. Magari una PadovAzeroCO2.
Piero Decandia – segreteria Legambiente Padova