Potenzialità agricole urbane e peri-urbane a Padova

Padova è un comune relativamente piccolo per superficie (93,418 KMq), con alta densità abitativa (oltre 2.300 abitanti/KMq); la SAU (Superficie Agricola Utilizzata) ha avuto un decremento vertiginoso tra gli anni ’70 ed il 2.000 (del 44% e questo processo è tuttora in corso) e non supera ormai i 27,868 KMq.
Le aziende agricole attive, almeno sul piano fiscale, del Comune di Padova risultano essere 752.
A questo si aggiunga che i molti Comuni della Cintura Urbana, alcuni tra i più popolosi della Provincia, hanno seguito il medesimo percorso nel consumo di territorio agricolo a fini diversi.
Ed è evidente che un ragionamento sull’agricoltura urbana dovrebbe avere una dimensione da città metropolitana, non per dimensioni, ma per i tanti campanili.

Nel territorio comunale padovano occorre distinguere l’area sud (Salboro e dintorni), dove ancora permangono alcune imprese agricole di dimensioni medio/grandi, ed il resto della superficie, ormai ridotta a piccole e grandi superfici di mais, colza, soia o frumento.
In questo secondo caso la gestione di fatto è delegata ad imprese di lavorazione terreni conto/terzi, ovviamente con un modello super-chimicizzato e zero biodiversità, dove il proprietario, che in ogni caso non vive di quell’attività, mantiene una partita iva agricola, finalizzata ad ottenere i contributi PAC (Politica Agricola Comunitaria) a “sostegno del reddito delle imprese agricole”, circa 460 euro ad ettaro per il mais, di soldi pubblici, che stentano a coprire i costi diretti e che non hanno alcuna ricaduta sul piano ambientale, anzi.
A Salboro e dintorni, pur con molta terra gestita come sopra, la presenza di imprese agricole “vive”, anche con allevamenti bovini, e di ben 2 realtà produttive in agricoltura biologica, garantisce qualcosa in più a livello ambientale e paesaggistico.
Un altro caso interessante di buon uso dei terreni lo troviamo nell’area “Due Palazzi”, dove gli obiettivi sono di carattere sociale ed ovviamente “biologico”.

Ma cosa proporre oggi perché le aree agricole possano rimanere tali, anzi migliorare il loro impatto e valore sociale ed ambientale a Padova? Il tutto tenendo conto della sostenibilità economica per i proprietari, il cui limite spesso è di ragionare su obiettivi economici immediati senza una prospettiva a medio e lungo termine:
– Possibilità di discreti incentivi per il rimboschimento di superfici, con diversi obiettivi e modalità (PSR – Piano di Sviluppo Rurale Veneto- 2007/2013 misure 221-222). I vantaggi per l’ambiente sono intuibili – si pensi solo a delle fasce alberate lungo le tangenziali – meglio se coniugati con una sostenibilità economica, che però va aiutata con della buona informazione.
– Incentivi e supporto all’avviamento di Orti Urbani, nelle varie forme possibili: del proprietario e/o dei condomini; su aree pubbliche; non trascurando l’affitto di piccoli appezzamenti privati a Cittadini organizzati – riteniamo essenziale in questi casi la pratica dell’agricoltura biologica, a fini salutistici, ambientali e sociali
– Sostegno, valorizzazione e tutela delle imprese agricole ancora vitali; da tempo in Quartiere 4 si discute di Parco Agricolo Sud, dove dovrebbe essere riservato spazio e supporto adeguato alla proposta biologica, che tanto interessa ai Padovani e che certo garantisce una maggiore attenzione al paesaggio.
– Utilizzo dei terreni anche a finalità sociali e divulgativi: un esempio potrebbe essere la proposta, attualmente in discussione, della Fattoria Biologica nel Parco del Basso Isonzo, in grado non solo di “aprire” l’agricoltura alla Città, ma di essere elemento trainante anche per tanti proprietari, agricoltori part-time o pro–forma.

Un’ulteriore considerazione è basata sul deciso incremento dei valori di mercato mondiale dei cereali, dopo anni di prezzi bassissimi.
Le motivazioni sono note: cambiamenti climatici; nuova domanda di Paesi come la Cina o l’India; concorrenza col mercato delle bioenergie; ecc. ecc.
Ciò fa pensare che quindi a Padova avrà nuovo rilancio la coltivazione del conto/terzista e del contributo PAC, ovviamente in aree senza speranza immediata di diversi usi.
Su questo, basta guardarsi intorno, per capire che occorre della decisa sorveglianza sanitaria e normativa sull’utilizzo di mezzi chimici e sulla devastazione delle infrastrutture agricole (fossi, siepi, strade, ecc..).

Certo è che, e lo dicono le storie delle aziendine agro-biologiche di Padova e dintorni, il ruolo decisivo lo giocano sempre gli utenti finali. Cittadini che fanno attenzione a queste esperienze e le valorizzano. O fanno il contrario, rifiutando e criticando esperienze di altro segno. Insomma “comprano”!

Franco Zecchinato, Presidente Cooperativa El Tamiso